lunedì 19 gennaio 2009

Se non ora, quando?

Il gravoso compito che aspetta la nuova giunta regionale abruzzese, in ultima analisi, consiste (se ci si passa l’espressione insolita) in un duplice risanamento. Non si tratta, infatti, di risanare solamente le finanze regionali, che, intendiamoci, non è cosa da poco. Il neopresidente Gianni Chiodi e la sua squadra, purtroppo, dovranno risanare anche la politica, cioè restituirle rispettabilità, credibilità e decoro. Bisognerà ricominciare da un dato oggettivo: in Abruzzo, nelle ultime elezioni regionali, il 47% degli aventi diritto si è rifiutato di andare ai seggi e deporre la scheda nell’urna. Un attestato di sfiducia e disistima verso la classe politica più evidente e preoccupante di questo è difficile immaginarlo. Le diverse inchieste giudiziarie degli ultimi anni sul Comune di Montesilvano, la gestione d’una nota azienda pubblica, la Regione, la sanità privata convenzionata e, last but not least, il Comune di Pescara sono altrettanti ferite nel rapporto tra eletti ed elettori, governanti e governati ed hanno prima suscitato e poi alimentato l’avversione ed il disgusto dei cittadini nei confronti dei partiti. Se ne prenda atto, ché il medico pietoso uccide il paziente (fermo restando, ribadiamolo fino alla noia, che chiunque è innocente in mancanza d’una sentenza di condanna). Lo tsunami provocato dalle recenti indagini della Procura di Pescara ha indirettamente ed accidentalmente infranto, per dirla con un termine della politologia anglosassone, the covenant o, per dirla con Rousseau, il “contratto sociale”, vale a dire quel patto che costituisce il fondamento della società. La corruzione, il clientelismo ed i vari altri mali della politica, infatti, annullando la fiducia reciproca tra cittadini e rappresentanti delle istituzioni politiche, finiscono per lacerare il tessuto sociale, cioè la fiducia reciproca tra i cittadini stessi. I “vizi” – direbbe Tommaso d’Aquino – della politica, come la corruzione, mortificano i talenti, misconoscono la meritocrazia e distruggono lentamente la coscienza dei propri diritti. Dalla cittadinanza si passa alla sudditanza e, quel che peggio, dalla virtù del civismo al cinismo diffuso. Appunto, la lacerazione del tessuto sociale. Tali fenomeni non vanno debellati unicamente perché moralmente riprovevoli, ma anche perché hanno un notevole costo economico. Di questo soprattutto Chiodi deve tener conto. La mancanza di meritocrazia, infatti, si paga in inefficienza, la corruzione dilata spaventosamente la spesa pubblica, il clientelismo calpestando la legge della libera concorrenza avvilisce anche l’impresa privata, che smetterà di perseguire la competitività attraverso l’innovazione per cercare di restare sul mercato attraverso rapporti preferenziali con il notabilato politico. Dunque, il risanamento finanziario e quello morale sono strettamente legati tra loro, non si ottiene nessuno dei due separandolo dall’altro. Il difficile momento che l’Abruzzo sta vivendo, pertanto, può essere una grande opportunità per ricostruire, sotto tutti gli aspetti, a cominciare da quello culturale, la comunità regionale su nuove basi, come il riconoscimento dei meriti, la trasparenza dell’attività amministrativa e, anche favorendo il ricorso agli istituti di democrazia diretta, la partecipazione. Vi sembrano obiettivi troppo ambiziosi? Purtroppo, non abbiamo scelta, in alternativa c’è solo la rassegnazione. «The only thing we have to fear, is fear itself», diceva Franklin Delano Roosvelt: «la cosa di cui dobbiamo avere più paura è la paura.» Sì, è una grande opportunità, perché la situazione generale è talmente degradata e la nostra gente si sente così offesa ed umiliata che resta solo da dire: se non ora, quando?
Mauro Ammirati