Tutta la situazione politica italiana venuta a determinarsi nelle ultime settimane potrebbe essere compendiata con queste parole: abbiamo cose “meno” serie di cui occuparci. Sono scoppiate rivolte popolari in Tunisia, Algeria, Albania ed Egitto, la sponda meridionale del Mediterraneo è in fiamme, abbiamo rivoluzioni e guerre civili – dagli esiti, al momento, imprevedibili - alle porte di casa, ma a tenere banco in Italia è la vita privata del nostro Primo ministro. L’attenzione dei media e delle forze politiche, in massima parte, è rivolta alle feste tenutesi nella villa di Silvio Berlusconi, ad Arcore, sulle quali ha indagato la Procura di Milano. I giornali riportano le trascrizioni delle intercettazioni delle telefonate fatte tra gli amici del Presidente del Consiglio, il quale s’indigna e grida al complotto o al golpe della magistratura. Non si capisce perché l’opinione pubblica ritenga tanto importante sapere ciò che fa Berlusconi nel tempo libero, fatto sta che da qualche settimana non si parla d’altro. Se ad Arcore sono stati commessi reati, è compito della magistratura accertarlo, va da sé. Ma che opinionisti politici e cittadini debbano interessarsene, trascurando ciò che avviene a Tunisi, Tirana ed il Cairo, come se tali drammatiche vicende non ci riguardassero, questo, francamente, è difficile comprenderlo. Ad ogni modo, il quadro politico in Italia è quanto mai incerto, da circa un anno, cioè da quando Gianfranco Fini ha cominciato a scoprire le carte, preparando la separazione del suo gruppo dal Pdl. Berlusconi è sopravvissuto al voto di sfiducia del 14 dicembre per soli tre suffragi. Nell’attuale maggioranza parlamentare vi sono deputati eletti nel centrosinistra, mentre nell’opposizione vi sono Fini ed i suoi seguaci eletti nelle liste del centrodestra. Definire normale una simile situazione è quanto meno una forzatura. In questi ultimi giorni di gennaio, almeno stando alle dichiarazioni ufficiali, il Capo di governo è rimasto l’unico ad opporsi alle elezioni anticipate. Nonostante i sondaggi lo diano in vantaggio, Berlusconi non vuole rischiare. Il ritorno alle urne a metà legislatura presenta, per lui, troppe incognite. In primo luogo, il Pdl potrebbe ottenere la più alta percentuale di voti, ma mancare la maggioranza assoluta dei seggi al Senato, per la cui elezione il premio di maggioranza è assegnato per singola Regione (così stabilisce la legge elettorale vigente, voluta a suo tempo, fortemente, proprio da Berlusconi. Chi è causa del suo mal…). In secondo luogo, il voto potrebbe premiare il centrodestra, ma assegnando una forte vittoria alla Lega, al Nord. Il che determinerebbe un mutamento dei rapporti di forza all’interno del blocco conservatore. Inoltre, secondo i sondaggi, è ancora altissima la percentuale di italiani che non hanno ancora deciso per chi votare la prossima volta. Infine, si teme un astensionismo diffuso. Troppi dubbi e troppo poche certezze per Berlusconi, che, probabilmente, confida di irrobustire la sua precaria maggioranza con alcuni deputati pentiti di aver seguito Fini nella scissione del Pdl. Per di più, l’economia, un po’ dovunque, comincia a dare i primi segni di ripresa e chissà che, tra qualche mese, i vari indici del suo stato di salute, anche in Italia, non mostrino un netto miglioramento. In quel caso, andare in campagna elettorale sarebbe tutt’altra cosa. Preferisce, dunque, aspettare Berlusconi, minimizzando i rischi e sperando che il tempo lavori per lui. Che poi questa scelta sia buona anche per il Paese è difficile dirlo. Allo stato attuale, l’impressione è che il governo sia alla paralisi e la vita politica sempre più conflittuale. In verità, in Italia, di questi tempi, è difficile essere ottimisti.
Mauro Ammirati
lunedì 7 febbraio 2011
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