lunedì 22 aprile 2013

Il presidenzialismo è altra cosa


         Come si dice, non tutti i mali vengono per nuocere. Quanto è avvenuto in occasione dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica - deflagrazione del Pd e conferimento della carica, nuovamente, al Capo di Stato uscente - ha spinto più d’un osservatore politico a proporre per l’Italia il sistema presidenziale. La proposta è fondata su due argomenti: l’elezione diretta del Presidente della Repubblica eviterebbe che un Paese venisse, di fatto, lasciato allo sbando e che in Parlamento avesse luogo un’indecorosa guerra per bande, com’è avvenuto con le votazioni sulle candidature di Franco Marini e Romano Prodi. E questo è vero. Il secondo argomento è che dalla presidenza di Oscar Luigi Scalfaro, il Capo di Stato è andato assumendo sempre maggiori poteri, al punto che si può già considerare l’Italia una repubblica presidenziale, tanto vale, quindi, che se ne prenda atto. E questo, invece, non è vero. A scanso di equivoci, io sono presidenzialista e non può che farmi piacere se tanta gente si converte alla nostra causa, ciò non toglie che un’analisi sbagliata resti un’analisi sbagliata. È indubitabile che negli ultimi venti anni il Capo dello Stato ha avuto un ruolo, non decisivo, ma straordinariamente importante in determinate circostante, l’ultima in ordine di tempo, la formazione del governo Monti. Va però precisato che, in realtà, in tutte queste circostanze, il Presidente della Repubblica altro non ha fatto che esercitare i poteri che gli vengono attribuiti dalla Costituzione. Dalla situazione venuta a determinarsi con la separazione tra Lega Nord e centrodestra, nel 1994 (e conseguente nascita del governo Dini), fino alle dimissioni di Berlusconi nell’autunno 2011 (e conseguente nascita del governo dei tecnici), passando per la caduta dei due governi presieduti da Romano Prodi, il rappresentante della massima carica dello Stato si è sempre, scrupolosamente (com’è suo dovere) attenuto alla Carta. Per essere chiari: non sono aumentati i poteri del Presidente della Repubblica, semplicemente questi poteri sono stati esercitati a discrezione dello stesso Presidente, senza che la Legge fondamentale venisse violata. Non è un caso che si affermi che la tendenza presidenzialista abbia cominciato a delinearsi con la presidenza Scalfaro. Cioè, nel 1992, l’anno in cui scoppia Tangentopoli, l’evento che, unendosi al crollo del comunismo, cancella in Italia un intero sistema politico. Fin quando erano esistiti partiti strutturati, radicati, coesi e disciplinati al loro interno, come Pci e Dc, la libertà di manovra del Presidente della Repubblica era sempre stata assai modesta. In una repubblica parlamentare, di regola, quando i partiti fanno bene il loro mestiere, il ruolo del Capo dello Stato è marginale. La scomparsa dei due grandi partiti di massa, oltre che di quello socialista, lascia un vuoto enorme. Le forze politiche di nuova formazione (Lega, Forza Italia, Ppi, Alleanza nazionale, Pds...) si mostrano incapaci di sostituire adeguatamente i partiti che hanno portato l’Italia fuori dal dopoguerra e dal sottosviluppo, soprattutto non riescono a costruire un nuovo sistema politico. Per farla breve, restano le vecchie regole, cambiano gli attori, che però non hanno da dare al Paese leader come De Gasperi, Nenni e Togliatti. Il Capo dello Stato, davanti a partiti ed alleanze politiche che nascono e muoiono in pochi anni è costretto a svolgere un ruolo sempre più politico, senza rinunciare a quello di garante delle regole. Per fare un esempio pratico, sul finire del 2011, dopo le dimissioni di Berlusconi, Napolitano poteva sciogliere il Parlamento o affidare l’incarico a Mario Monti. Preferì, a sua discrezione – sottolineo: a sua discrezione, perché è tutto qui il discorso - la seconda opzione. Fu una scelta eminentemente politica - come lo sarebbe stata quella di sciogliere le camere - ma che non contrastava con la lettera né con lo spirito della nostra Costituzione. Negli anni ’50, ’60 e ’70, Pci e Dc non avrebbero mai messo un Capo di Stato nella condizione di dover fare simili scelte. L’Italia non è diventata una repubblica presidenziale. La verità è che trent’anni fa avevamo partiti degni di questo nome ed ora non più.   

         Mauro Ammirati