venerdì 2 settembre 2016

Questione di taglie

         La pubblicità le inventa tutte per farti sentire giovane, anche quando i tuoi vent’anni se ne sono andati da un pezzo. Uno spot d’un prodotto dietetico, anni fa, faceva vedere una donna che indossava un jeans dei tempi del liceo e che le andava ancora bene. Aveva mantenuto la stessa taglia, grazie al prodotto che veniva reclamizzato, il fisico era ancora asciutto. La realtà, come sappiamo, è ben diversa. Solitamente, col tempo si mettono su chili, la taglia cresce, se vuoi infilarti a tutti costi la camicia che indossavi ai tempi delle scuole superiori questa si strappa. È un verità elementare, che, per analogia, vale anche per la politica. Lo statista che è prigioniero dei suoi sogni o della nostalgia ragiona così: se la realtà non conferma la validità delle mie idee, tanto peggio per la realtà. Così, fa leggi che sarebbero, forse, andate bene trenta o quarant’anni prima, quando il Paese portava un’altra “taglia”. E quelle leggi diventano camicie da forza. È difficile dar torto a D’Alema quando dice che «l’Italicum è una legge elettorale buona per un Paese bipolare, ma l’Italia non è più bipolare». Infatti, io frequentavo le scuole superiori quando la politica del nostro Paese si caratterizzava per il bipolarismo tra democristiani (o centristi) e comunisti. Oggi, i poli sono almeno tre, con il M5S che contende il primato al Pd. Ed un centrodestra che fa fatica a ritrovare la sua unità e se non la ritrovasse i poli diventerebbero quattro. L’Italicum è, dunque, una camicia da forza. Personalmente, per la “taglia” dell’Italia di oggi credo che il sistema elettorale più adatto sia il voto alternativo, sperimentato, storicamente, con successo in Australia. Al di là delle soluzioni tecniche, è necessario capire ciò che spiegavo mesi fa, su questo giornale:  attualmente, in Italia come in tutte le democrazie avanzate, un bipolarismo c’è, ma non è più quello tra sinistra e destra. La nuova alternativa è tra sovranisti e globalisti (o mondialisti); tra liberisti (nel senso di libero scambio tra le nazioni) e nazionalisti;  tra chi, come il nostro Matteo Renzi, dice che «la globalizzazione è una risorsa» e chi vorrebbe difendere, se necessario con misure protezionistiche, le economie nazionali dalla stessa globalizzazione. Questo nuovo bipolarismo è trasversale alla vecchia destra ed alla vecchia sinistra e finisce per spaccarle. Il risultato è che possiamo osservare, per esempio in Francia, la destra della Le Pen         La pubblicità le inventa tutte per farti sentire giovane, anche quando i tuoi vent’anni se ne sono andati da un pezzo. Uno spot d’un prodotto dietetico, anni fa, faceva vedere una donna che indossava un jeans dei tempi del liceo e che le andava ancora bene. Aveva mantenuto la stessa taglia, grazie al prodotto che veniva reclamizzato, il fisico era ancora asciutto. La realtà, come sappiamo, è ben diversa. Solitamente, col tempo si mettono su chili, la taglia cresce, se vuoi infilarti a tutti costi la camicia che indossavi ai tempi delle scuole superiori questa si strappa. È un verità elementare, che, per analogia, vale anche per la politica. Lo statista che è prigioniero dei suoi sogni o della nostalgia ragiona così: se la realtà non conferma la validità delle mie idee, tanto peggio per la realtà. Così, fa leggi che sarebbero, forse, andate bene trenta o quarant’anni prima, quando il Paese portava un’altra “taglia”. E quelle leggi diventano camicie da forza. È difficile dar torto a D’Alema quando dice che «l’Italicum è una legge elettorale buona per un Paese bipolare, ma l’Italia non è più bipolare». Infatti, io frequentavo le scuole superiori quando la politica del nostro Paese si caratterizzava per il bipolarismo tra democristiani (o centristi) e comunisti. Oggi, i poli sono almeno tre, con il M5S che contende il primato al Pd. Ed un centrodestra che fa fatica a ritrovare la sua unità e se non la ritrovasse i poli diventerebbero quattro. L’Italicum è, dunque, una camicia da forza. Personalmente, per la “taglia” dell’Italia di oggi credo che il sistema elettorale più adatto sia il voto alternativo, sperimentato, storicamente, con successo in Australia. Al di là delle soluzioni tecniche, è necessario capire ciò che spiegavo mesi fa, su questo giornale:  attualmente, in Italia come in tutte le democrazie avanzate, un bipolarismo c’è, ma non è più quello tra sinistra e destra. La nuova alternativa è tra sovranisti e globalisti (o mondialisti); tra liberisti (nel senso di libero scambio tra le nazioni) e nazionalisti;  tra chi, come il nostro Matteo Renzi, dice che «la globalizzazione è una risorsa» e chi vorrebbe difendere, se necessario con misure protezionistiche, le economie nazionali dalla stessa globalizzazione. Questo nuovo bipolarismo è trasversale alla vecchia destra ed alla vecchia sinistra e finisce per spaccarle. Il risultato è che possiamo osservare, per esempio in Francia, la destra della Le Pen opporsi alla politica liberista del socialista Hollande, cioè qualcosa di inimmaginabile vent’anni fa; in Italia, il centrodestra si divide tra il sovranista Salvini ed i liberisti (o mondialisti) Berlusconi ed Alfano.  Negli ultimi tempi, quasi dappertutto, a prevalere sono stati i mondialisti, che, in buona parte dei Paesi europei, hanno messo una camicia da forza ai loro popoli conosciuta come “moneta unica”. I governi italiani degli ultimi anni hanno ragionato così: se l’euro non va bene per l’economia italiana, tanto peggio per l’economia italiana. Quella camicia da forza valutaria ha mandato il nostro Paese in deflazione. Ora, i governi dell’Unione europea stanno negoziando con gli States per stipulare un trattato di libero scambio, di nome Ttip. L’Ue, come si sa, è un’area di libero scambio, perciò al suo interno sono state possibili tante delocalizzazioni verso l’Europa post-comunista, con conseguente disoccupazione nei Paesi dell’Europa occidentale. Se si stipulasse il Ttip saremmo costretti a competere anche con l’economia americana. Ora, la questione è semplice: che si tratti di leggi elettorali, fiscali, trattati commerciali o qualsiasi altra deliberazione da prendere, costa tanto al sarto prendere le misure ad un Paese e cucirgli un abito che non gli stia troppo stretto o troppo largo? 
         Mauro Ammirati      opporsi alla politica liberista del socialista Hollande, cioè qualcosa di inimmaginabile vent'anni fa; in Italia, il centrodestra si divide tra il sovranista Salvini ed i liberisti (o mondialisti) Berlusconi ed Alfano.  Negli ultimi tempi, quasi dappertutto, a prevalere sono stati i mondialisti, che, in buona parte dei Paesi europei, hanno messo una camicia da forza ai loro popoli conosciuta come “moneta unica”. I governi italiani degli ultimi anni hanno ragionato così: se l’euro non va bene per l’economia italiana, tanto peggio per l’economia italiana. Quella camicia da forza valutaria ha mandato il nostro Paese in deflazione. Ora, i governi dell’Unione europea stanno negoziando con gli States per stipulare un trattato di libero scambio, di nome Ttip. L’Ue, come si sa, è un’area di libero scambio, perciò al suo interno sono state possibili tante delocalizzazioni verso l’Europa post-comunista, con conseguente disoccupazione nei Paesi dell’Europa occidentale. Se si stipulasse il Ttip saremmo costretti a competere anche con l’economia americana. Ora, la questione è semplice: che si tratti di leggi elettorali, fiscali, trattati commerciali o qualsiasi altra deliberazione da prendere, costa tanto al sarto prendere le misure ad un Paese e cucirgli un abito che non gli stia troppo stretto o troppo largo? 

         Mauro Ammirati