La pubblicità le inventa tutte per farti sentire giovane,
anche quando i tuoi vent’anni se ne sono andati da un pezzo. Uno spot d’un
prodotto dietetico, anni fa, faceva vedere una donna che indossava un jeans dei
tempi del liceo e che le andava ancora bene. Aveva mantenuto la stessa taglia,
grazie al prodotto che veniva reclamizzato, il fisico era ancora asciutto. La
realtà, come sappiamo, è ben diversa. Solitamente, col tempo si mettono su
chili, la taglia cresce, se vuoi infilarti a tutti costi la camicia che
indossavi ai tempi delle scuole superiori questa si strappa. È un verità
elementare, che, per analogia, vale anche per la politica. Lo statista che è
prigioniero dei suoi sogni o della nostalgia ragiona così: se la realtà non
conferma la validità delle mie idee, tanto peggio per la realtà. Così, fa leggi
che sarebbero, forse, andate bene trenta o quarant’anni prima, quando il Paese
portava un’altra “taglia”. E quelle leggi diventano camicie da forza. È
difficile dar torto a D’Alema quando dice che «l’Italicum è una legge
elettorale buona per un Paese bipolare, ma l’Italia non è più bipolare».
Infatti, io frequentavo le scuole superiori quando la politica del nostro Paese
si caratterizzava per il bipolarismo tra democristiani (o centristi) e comunisti.
Oggi, i poli sono almeno tre, con il M5S che contende il primato al Pd. Ed un
centrodestra che fa fatica a ritrovare la sua unità e se non la ritrovasse i
poli diventerebbero quattro. L’Italicum è, dunque, una camicia da forza.
Personalmente, per la “taglia” dell’Italia di oggi credo che il sistema
elettorale più adatto sia il voto alternativo, sperimentato, storicamente, con
successo in Australia. Al di là delle soluzioni tecniche, è necessario capire
ciò che spiegavo mesi fa, su questo giornale:
attualmente, in Italia come in tutte le democrazie avanzate, un
bipolarismo c’è, ma non è più quello tra sinistra e destra. La nuova
alternativa è tra sovranisti e globalisti (o mondialisti); tra liberisti (nel
senso di libero scambio tra le nazioni) e nazionalisti; tra chi, come il nostro Matteo Renzi, dice
che «la globalizzazione è una risorsa» e chi vorrebbe difendere, se necessario
con misure protezionistiche, le economie nazionali dalla stessa
globalizzazione. Questo nuovo bipolarismo è trasversale alla vecchia destra ed
alla vecchia sinistra e finisce per spaccarle. Il risultato è che possiamo
osservare, per esempio in Francia, la destra della Le Pen La pubblicità le inventa tutte per farti sentire giovane,
anche quando i tuoi vent’anni se ne sono andati da un pezzo. Uno spot d’un
prodotto dietetico, anni fa, faceva vedere una donna che indossava un jeans dei
tempi del liceo e che le andava ancora bene. Aveva mantenuto la stessa taglia,
grazie al prodotto che veniva reclamizzato, il fisico era ancora asciutto. La
realtà, come sappiamo, è ben diversa. Solitamente, col tempo si mettono su
chili, la taglia cresce, se vuoi infilarti a tutti costi la camicia che
indossavi ai tempi delle scuole superiori questa si strappa. È un verità
elementare, che, per analogia, vale anche per la politica. Lo statista che è
prigioniero dei suoi sogni o della nostalgia ragiona così: se la realtà non
conferma la validità delle mie idee, tanto peggio per la realtà. Così, fa leggi
che sarebbero, forse, andate bene trenta o quarant’anni prima, quando il Paese
portava un’altra “taglia”. E quelle leggi diventano camicie da forza. È
difficile dar torto a D’Alema quando dice che «l’Italicum è una legge
elettorale buona per un Paese bipolare, ma l’Italia non è più bipolare».
Infatti, io frequentavo le scuole superiori quando la politica del nostro Paese
si caratterizzava per il bipolarismo tra democristiani (o centristi) e comunisti.
Oggi, i poli sono almeno tre, con il M5S che contende il primato al Pd. Ed un
centrodestra che fa fatica a ritrovare la sua unità e se non la ritrovasse i
poli diventerebbero quattro. L’Italicum è, dunque, una camicia da forza.
Personalmente, per la “taglia” dell’Italia di oggi credo che il sistema
elettorale più adatto sia il voto alternativo, sperimentato, storicamente, con
successo in Australia. Al di là delle soluzioni tecniche, è necessario capire
ciò che spiegavo mesi fa, su questo giornale:
attualmente, in Italia come in tutte le democrazie avanzate, un
bipolarismo c’è, ma non è più quello tra sinistra e destra. La nuova
alternativa è tra sovranisti e globalisti (o mondialisti); tra liberisti (nel
senso di libero scambio tra le nazioni) e nazionalisti; tra chi, come il nostro Matteo Renzi, dice
che «la globalizzazione è una risorsa» e chi vorrebbe difendere, se necessario
con misure protezionistiche, le economie nazionali dalla stessa
globalizzazione. Questo nuovo bipolarismo è trasversale alla vecchia destra ed
alla vecchia sinistra e finisce per spaccarle. Il risultato è che possiamo
osservare, per esempio in Francia, la destra della Le Pen opporsi alla politica
liberista del socialista Hollande, cioè qualcosa di inimmaginabile vent’anni fa;
in Italia, il centrodestra si divide tra il sovranista Salvini ed i liberisti
(o mondialisti) Berlusconi ed Alfano.
Negli ultimi tempi, quasi dappertutto, a prevalere sono stati i
mondialisti, che, in buona parte dei Paesi europei, hanno messo una camicia da
forza ai loro popoli conosciuta come “moneta unica”. I governi italiani degli
ultimi anni hanno ragionato così: se l’euro non va bene per l’economia italiana,
tanto peggio per l’economia italiana. Quella camicia da forza valutaria ha
mandato il nostro Paese in deflazione. Ora, i governi dell’Unione europea
stanno negoziando con gli States per stipulare un trattato di libero scambio,
di nome Ttip. L’Ue, come si sa, è un’area di libero scambio, perciò al suo
interno sono state possibili tante delocalizzazioni verso l’Europa
post-comunista, con conseguente disoccupazione nei Paesi dell’Europa
occidentale. Se si stipulasse il Ttip saremmo costretti a competere anche con
l’economia americana. Ora, la questione è semplice: che si tratti di leggi
elettorali, fiscali, trattati commerciali o qualsiasi altra deliberazione da
prendere, costa tanto al sarto prendere le misure ad un Paese e cucirgli un
abito che non gli stia troppo stretto o troppo largo?
Mauro Ammirati opporsi alla politica
liberista del socialista Hollande, cioè qualcosa di inimmaginabile vent'anni fa;
in Italia, il centrodestra si divide tra il sovranista Salvini ed i liberisti
(o mondialisti) Berlusconi ed Alfano.
Negli ultimi tempi, quasi dappertutto, a prevalere sono stati i
mondialisti, che, in buona parte dei Paesi europei, hanno messo una camicia da
forza ai loro popoli conosciuta come “moneta unica”. I governi italiani degli
ultimi anni hanno ragionato così: se l’euro non va bene per l’economia italiana,
tanto peggio per l’economia italiana. Quella camicia da forza valutaria ha
mandato il nostro Paese in deflazione. Ora, i governi dell’Unione europea
stanno negoziando con gli States per stipulare un trattato di libero scambio,
di nome Ttip. L’Ue, come si sa, è un’area di libero scambio, perciò al suo
interno sono state possibili tante delocalizzazioni verso l’Europa
post-comunista, con conseguente disoccupazione nei Paesi dell’Europa
occidentale. Se si stipulasse il Ttip saremmo costretti a competere anche con
l’economia americana. Ora, la questione è semplice: che si tratti di leggi
elettorali, fiscali, trattati commerciali o qualsiasi altra deliberazione da
prendere, costa tanto al sarto prendere le misure ad un Paese e cucirgli un
abito che non gli stia troppo stretto o troppo largo?
Mauro Ammirati