giovedì 2 marzo 2017

Un anno inutile?

         Ormai, possiamo esserne certi, gli italiani andranno ad eleggere il nuovo Parlamento nel 2018, la legislatura arriverà al suo termine naturale. Non ci sarà il voto anticipato, principalmente, perché il Presidente della Repubblica ha chiesto che le leggi elettorali di Camera e Senato siano «omogenee», mentre quelle vigenti non lo sono affatto ed a causa di tale diversità le elezioni a breve rischierebbero di farci sprofondare nell’ingovernabilità. Non si andrà al voto anticipato anche perché vi si oppone un fronte, trasversale a tutti i partiti, di senatori e deputati, consapevoli che conclusa l’attuale legislatura, probabilmente, in Parlamento non metteranno più piede, se non come visitatori. Dunque, le forze politiche italiane hanno, circa, un anno di tempo per fare le riforme elettorali, oggettivamente, necessarie e stipulare le alleanze con cui presentarsi all’elettorato. Purtroppo, non si può affatto escludere che questo periodo di tempo passi inutilmente, per ora, all’orizzonte si vedono solo nubi. Come abbiamo spiegato più volte, le leggi elettorali neutre non esistono, nessuna riforma in questa materia può essere indolore per tutti, qualche giocatore deve rimetterci. Anche piccoli “ritocchi”, come, per esempio, restringere i collegi o aumentare di poco le soglie di sbarramento , comportano, per qualcuno un prezzo da pagare. E questo ogni uomo politico lo sa. Perciò, dobbiamo mettere nel conto, sperando di sbagliarci, che tra un anno si vada a votare con le leggi elettorali che abbiamo oggi. Quanto alle alleanze, la situazione non è meno complicata. Attualmente, il centrodestra ed il centrosinistra sono due cantieri dove i lavori sembrano procedere confusamente. Le divisioni nei due campi opposti non sono dovute alla scelta del candidato alla guida del governo (o alle modalità con cui sceglierlo), stavolta il vero problema è costituito dal programma. In ultima analisi, la questione centrale è l’austerità, imposta al nostro Paese dai vincoli esterni, quelli comunitari, sul bilancio. I potenziali alleati dei due schieramenti hanno idee diverse ed abbastanza lontane sul tema. Nel centrodestra, la Lega Nord e Fratelli d’Italia sostengono che occorra riprendersi la sovranità monetaria, cioè uscire da Eurozona e tornare alla lira. Idea alla quale Berlusconi è contrario e, per evitare la rottura definitiva con le forze sovraniste, si è spinto fino al punto di proporre l’emissione d’una moneta nazionale parallela, che i leghisti hanno immediatamente respinto. Trovare un’intesa su questo punto non sarà affatto facile, dato che la linea antieuropeista ha portato finora molti consensi a Salvini, anche nell’Italia centrale. Nel Pd c’è stata una scissione che ha portato alla nascita d’un nuovo soggetto politico, i Democratici e Progressisti, Dp, da oggi occorrerà fare attenzione agli acronimi per evitare confusione. Anche qui a dividere è l’austerità, i Dp mettono al primo punto del loro programma la lotta alla disoccupazione ed al lavoro precario, chiedono una politica più attenta alle garanzie sociali, tranne alcuni, come Stefano Fassina, non chiedono che l’Italia esca dalla moneta unica, perciò non si capisce ancora (io, almeno, non l’ho ancora capito) come intendano conciliare gli obiettivi che affermano di perseguire con il rigore finanziario imposto dalla Commissione europea. E se la scissione c’è stata, è segno che nel Pd sull’osservanza ai dettami dell’Ue la pensano diversamente. Neppure a sinistra, dunque, la formazione di un’alleanza si presenta come un compito facile. Infine, c’è il terzo polo, il M5S, che non si allea con nessuno e, per quanto attiene all’austerità, propone che siano gli italiani a decidere se restare o no nella moneta unica, per mezzo d’un referendum (che la nostra Costituzione, in materia di trattati internazionali, vieta). In conclusione, c’è tanta confusione sotto il cielo. Così tanta che un anno potrebbe trascorrere senza portate alcunché di buono.

         Mauro Ammirati