Le principali forze politiche italiane, Pd, M5S, Lega Nord e
Forza Italia, si sono accordate sull’adozione del sistema elettorale tedesco. Tutto
può ancora succedere, in politica l’ultima parola è sempre la penultima, ma,
allo stato attuale, inizio giugno, sembra che la strada ormai sia tracciata. Viene
posta una pietra sepolcrale sulla (tutto sommato) breve ed infelice stagione
della democrazia maggioritaria o dell’alternanza. Si torna al sistema
elettorale proporzionale, seppur corretto, stavolta, da uno sbarramento del 5%,
come in Germania, appunto. Per capire il senso e la portata di tale novità è
necessario chiarire alcuni punti. Come più volte ho spiegato anche su “Abruzzo
nel Mondo”, nessun legge elettorale è neutra, perciò avviene di rado che una
riforma in questa materia si faccia con un largo consenso. Quando si cambiano
le regole del gioco, qualcuno deve per forza rimetterci e, ovviamente, nessun
partito vuole sacrificarsi o fare regali all’avversario e neanche all’alleato.
L’accordo può trovarsi solo su un sistema proporzionale, perché, come dicono i
politologi, è il «meno manipolativo» di tutti, riducendo la sua funzione a
quella d’una semplice registrazione, alla percentuale di consensi corrisponde,
di regola, la medesima percentuale di seggi. Anche in questo caso, qualcuno ci
rimette, una forza politica che è in grado di raccogliere la maggioranza
relativa dei voti ha interesse ad introdurre un sistema elettorale quanto più maggioritario
possibile, perché le darebbe la maggiorana assoluta dei seggi. Ma è un calcolo
pericoloso, devi essere assolutamente certo di quanti voti prenderai. Se c’è un
certo equilibrio, cioè se i sondaggi ti danno solo due o tre punti percentuali
in più rispetto ad un concorrente, allora devi accettare il rischio che la maggiorana
assoluta dei seggi se la prenda l’avversario. In Italia, attualmente, la
forbice, nei sondaggi, tra M5S e Pd è compresa
nel 2%-3%, troppo poco perché i primi due partiti italiani accettino il
rischio del maggioritario. Potrebbero fare questa scelta azzardata solo se tra
essi vi fosse fiducia reciproca, come nelle democrazie anglosassoni, dove la
vittoria dell’avversario e l’alternanza al governo sono considerati fatti
normali e nessuno ne fa un dramma. Ma in un Paese dove la politica è pervasa di
manicheismo, quindi l’avversario è visto come il Male ed ognuno crede di essere
l’unico portatore del Bene, è inconcepibile l’ipotesi che l’avversario governi
con la maggioranza relativa dei consensi. Questione di cultura politica, di
storia, non possiamo farci niente. Perché, nel dopoguerra comunisti e
democristiani si accordarono proprio sul proporzionale? Perché non si fidavano
gli uni degli altri, non era possibile tra filosovietici e filoatlantici, erano
due “chiese” diverse e l’altra era quella eretica, ma, nello stesso tempo,
nessuno dei due partiti poteva essere certo che avrebbe vinto le elezioni. Nella
situazione italiana attuale, inoltre, ci sono altre condizioni da considerare.
A proporre il sistema tedesco è stato Berlusconi e non è un caso. Con un
sistema maggioritario, cioè nella necessità di fare alleanze prima del voto,
avrebbe dovuto scegliere tra la solitudine, quindi l’irrilevanza e una
coalizione con la Lega, che non è più il partito guidato da Bossi, ma una forza
antieuropeista, mentre Forza Italia è nel Partito Popolare Europeo. Inoltre,
nei prossimi mesi la Bce smetterà di praticare una politica d’accomodamento monetario,
il che probabilmente comporterà una ripresa dello spread ed il ritorno di
tensioni sul nostro debito pubblico. Si dovrà fare un po’ di lavoro sporco, di
prendere misure pesanti ed impopolari. Nel nuovo Parlamento eletto con il
sistema tedesco nessun partito avrà la maggioranza assoluta dei seggi, quindi a
nessuno potrà essere chiesto di assumersi la responsabilità di governare da
solo il Paese. Le scelte possibili saranno solo due: o un governo tecnico, come
quello di Mario Monti, così le mani se le sporcheranno i docenti universitari,
che non hanno la preoccupazione di perdere consensi e presto torneranno dietro le cattedre;
oppure, una grande coalizione, la più ampia possibile, così che le mani se le
sporchino tutti i partiti, in modo che alla fine le perdite in termini di
consensi saranno equamente ripartite. Se ci perdono tutti, ci guadagnano tutti.
Mauro Ammirati