lunedì 5 giugno 2017

Le ragioni d'un accordo

         Le principali forze politiche italiane, Pd, M5S, Lega Nord e Forza Italia, si sono accordate sull’adozione del sistema elettorale tedesco. Tutto può ancora succedere, in politica l’ultima parola è sempre la penultima, ma, allo stato attuale, inizio giugno, sembra che la strada ormai sia tracciata. Viene posta una pietra sepolcrale sulla (tutto sommato) breve ed infelice stagione della democrazia maggioritaria o dell’alternanza. Si torna al sistema elettorale proporzionale, seppur corretto, stavolta, da uno sbarramento del 5%, come in Germania, appunto. Per capire il senso e la portata di tale novità è necessario chiarire alcuni punti. Come più volte ho spiegato anche su “Abruzzo nel Mondo”, nessun legge elettorale è neutra, perciò avviene di rado che una riforma in questa materia si faccia con un largo consenso. Quando si cambiano le regole del gioco, qualcuno deve per forza rimetterci e, ovviamente, nessun partito vuole sacrificarsi o fare regali all’avversario e neanche all’alleato. L’accordo può trovarsi solo su un sistema proporzionale, perché, come dicono i politologi, è il «meno manipolativo» di tutti, riducendo la sua funzione a quella d’una semplice registrazione, alla percentuale di consensi corrisponde, di regola, la medesima percentuale di seggi. Anche in questo caso, qualcuno ci rimette, una forza politica che è in grado di raccogliere la maggioranza relativa dei voti ha interesse ad introdurre un sistema elettorale quanto più maggioritario possibile, perché le darebbe la maggiorana assoluta dei seggi. Ma è un calcolo pericoloso, devi essere assolutamente certo di quanti voti prenderai. Se c’è un certo equilibrio, cioè se i sondaggi ti danno solo due o tre punti percentuali in più rispetto ad un concorrente, allora devi accettare il rischio che la maggiorana assoluta dei seggi se la prenda l’avversario. In Italia, attualmente, la forbice, nei sondaggi, tra M5S e Pd è compresa  nel 2%-3%, troppo poco perché i primi due partiti italiani accettino il rischio del maggioritario. Potrebbero fare questa scelta azzardata solo se tra essi vi fosse fiducia reciproca, come nelle democrazie anglosassoni, dove la vittoria dell’avversario e l’alternanza al governo sono considerati fatti normali e nessuno ne fa un dramma. Ma in un Paese dove la politica è pervasa di manicheismo, quindi l’avversario è visto come il Male ed ognuno crede di essere l’unico portatore del Bene, è inconcepibile l’ipotesi che l’avversario governi con la maggioranza relativa dei consensi. Questione di cultura politica, di storia, non possiamo farci niente. Perché, nel dopoguerra comunisti e democristiani si accordarono proprio sul proporzionale? Perché non si fidavano gli uni degli altri, non era possibile tra filosovietici e filoatlantici, erano due “chiese” diverse e l’altra era quella eretica, ma, nello stesso tempo, nessuno dei due partiti poteva essere certo che avrebbe vinto le elezioni. Nella situazione italiana attuale, inoltre, ci sono altre condizioni da considerare. A proporre il sistema tedesco è stato Berlusconi e non è un caso. Con un sistema maggioritario, cioè nella necessità di fare alleanze prima del voto, avrebbe dovuto scegliere tra la solitudine, quindi l’irrilevanza e una coalizione con la Lega, che non è più il partito guidato da Bossi, ma una forza antieuropeista, mentre Forza Italia è nel Partito Popolare Europeo. Inoltre, nei prossimi mesi la Bce smetterà di praticare una politica d’accomodamento monetario, il che probabilmente comporterà una ripresa dello spread ed il ritorno di tensioni sul nostro debito pubblico. Si dovrà fare un po’ di lavoro sporco, di prendere misure pesanti ed impopolari. Nel nuovo Parlamento eletto con il sistema tedesco nessun partito avrà la maggioranza assoluta dei seggi, quindi a nessuno potrà essere chiesto di assumersi la responsabilità di governare da solo il Paese. Le scelte possibili saranno solo due: o un governo tecnico, come quello di Mario Monti, così le mani se le sporcheranno i docenti universitari, che non hanno la preoccupazione di perdere consensi  e presto torneranno dietro le cattedre; oppure, una grande coalizione, la più ampia possibile, così che le mani se le sporchino tutti i partiti, in modo che alla fine le perdite in termini di consensi saranno equamente ripartite. Se ci perdono tutti, ci guadagnano tutti.

         Mauro Ammirati