giovedì 11 febbraio 2010

Verso le elezioni regionali


L’avvicinarsi delle elezioni regionali ha creato all’interno delle due coalizioni più problemi di quanto, fino a poco tempo fa, si immaginasse. Stavolta non si tratta solo delle candidature, dei propri uomini da piazzare nelle varie liste, le solite rogne che caratterizzano la fase preelettorale. La posta è in gioco si sta rivelando troppo importante. Vale la pena analizzare in profondità alcuni aspetti della situazione venuta a delinearsi negli ultimi mesi a causa della competizione in parola. In primo luogo, ancora una volta, c’è la cosiddetta “questione settentrionale” a turbare i sogni del Pdl. Per il partito di Berlusconi il Nord si conferma croce e delizia, un grande serbatoio di voti per il centrodestra ma, nel contempo, un territorio da condividere con un alleato spesso scomodo come la Lega. Non sono in pochi ad affermare che tra il Piemonte ed il Veneto si aggira uno spettro che non lascia affatto tranquilli il Presidente del Consiglio ed i suoi collaboratori. I dirigenti del Pdl nel Nord Est da tempo avvertono gli uomini che occupano le massime cariche nazionali del partito: qui si rischia il sorpasso, alle prossime regionali la Lega può scavalcarci. Quanto siano fondati tali timori, onestamente, lo ignoro (io vivo al di sotto della linea gotica), ma se a confermare questa analisi sono pure opinionisti e commentatori del Settentrione, per di più di area Pdl, viene da pensare che il rischio esista davvero. Ed ammettendo pure che il sorpasso non ci sia, può comunque accadere che si riduca notevolmente la forbice tra le percentuali dei consensi delle due forze del centrodestra. In quel caso, non sarà affatto piacevole per il Pdl sentirsi sul collo l’alito dei leghisti. Umberto Bossi, notoriamente, il suo peso politico sa farlo valere eccome. Ci dispiace annoiare il lettore tornando sui soliti argomenti, ma ci tocca nuovamente ripetere quanto andiamo scrivendo da qualche anno: non è tanto l’ideale federalista a dare alla Lega la capacità di raccogliere molti suffragi, quanto la sua battaglia contro l’immigrazione selvaggia e per la tutela dell’ordine pubblico, due questioni che – a torto o a ragione – nell’immaginario collettivo, specie al Nord, sono strettamente legate tra loro. Il partito di Bossi, agli occhi di tanti italiani, anche meridionali, è l’unico davvero law and order. E si sa che in tempi come questi simili forze politiche hanno una grande capacità d’attrazione.
La sinistra, invece, è alle prese con problemi d’altra natura. Quanto è avvenuto in Puglia di recente, con la vittoria del Presidente della Regione uscente, Nichi Vendola, alle elezioni primarie contro il candidato ufficiale del Pd, è l’ennesima dimostrazione che all’interno del suddetto partito si fa fatica a comporre la frattura tra i vertici e la base. E trattandosi del più importante partito del centrosinistra il quadro generale per la coalizione è tutt’altro che incoraggiante. In più, si mette male anche in Emilia Romagna, la roccaforte storica una volta del P.c.i., oggi del Pd ed i suoi alleati. «Essere comunisti in Emilia Romagna è come essere repubblicani in Texas», scrisse una trentina d’anni fa un giornalista, tanto per rendere l’idea. Ebbene, il Sindaco di Bologna, qualche settimana fa, è stato costretto a dimettersi dopo essere stato accusato di avere speso denaro pubblico per pagarsi viaggi ed alberghi andandosene in giro per il mondo con la sua segretaria. Accusa tutta da dimostrare, ma in Abruzzo è bastato solo che alcune inchieste giudiziarie avessero inizio perché il centrodestra conquistasse Regione, Comune e Provincia di Pescara.
A rendere la situazione generale quanto mai incerta è anche la figura di Renata Polverini, candidata del centrodestra alla carica di Presidente della Regione Lazio. È un’ex sindacalista, per questo abbastanza invisa a buona parte dell’elettorato di centrodestra, liberale e liberista. Viene ritenuta una fedelissima di Gianfranco Fini, altra personalità che divide la base del Pdl. Per concludere: tra Vendola, Bologna e la Polverini, io penso che i bookmakers siano in crisi.
Mauro Ammirati

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