Il successo straordinario ottenuto dal Movimento 5 stelle
alle ultime elezioni politiche ha sorpreso tutti. Perfino il leader ed il
fondatore del movimento stesso. Si sapeva e si prevedeva, già da mesi, che i
seguaci di Beppe Grillo avrebbero raccolto un ampio consenso, bastava
trattenersi dieci minuti in un qualsiasi bar o in una qualsiasi piazza d’Italia
per capirlo. Quel che, invece, nessuno aveva previsto – secondo me, lo
ribadisco, neanche Grillo – era una così alta percentuale di suffragi: il 25%
dei votanti, una scheda elettorale su quattro, al netto delle bianche e delle
nulle. Un vero sisma politico. Così, i neofiti della politica sono passati
dall’infanzia all’età adulta, senza passare per l’adolescenza. Un conto è
entrare in Parlamento, per la prima volta, con la prospettiva di fare cinque
anni d’opposizione alla “casta” ed avere molto tempo per prendere dimestichezza
con il nuovo ruolo; altro è avere la responsabilità di essere determinanti
nella formazione d’un nuovo governo. Perché, allo stato attuale, dati i nuovi
equilibri politici e parlamentari venuti a determinarsi, sembra assai difficile
che si trovi un sostituto di Mario Monti indipendentemente dalla volontà del
Ms5. Berlusconi e Bersani hanno una schiacciante maggioranza di seggi in tutte
e due le Camere, volendo potrebbero accordarsi e fare un governo in un
qualsiasi momento, ma sono consapevoli che il 23 ed il 24 febbraio 2013, in
Italia, è accaduto qualcosa che rischia
di mettere tutto in discussione, compreso il sistema dei partiti nella sua
interezza, così come si è sviluppato e lo abbiamo conosciuto in questi decenni.
Potrei dire che ciò che oggi è sotto esame è un certo concetto di democrazia.
Leggete il programma di Grillo, vi troverete idee care a Rousseau, come la
democrazia diretta e partecipativa, cioè, un drastico ridimensionamento della
presenza e della funzione dei partiti. Solo qualche giorno fa, lo stesso Grillo
ha proposto di modificare l’articolo 67 della Costituzione, quello che vieta
che il parlamentare, l’eletto, sia soggetto a «vincoli di mandato». Pertanto,
l’errore peggiore che possano ora commettere Pd e Pdl è quello di credere che
questo nuovo fenomeno politico sia davvero solo «un movimento di protesta». Di
certo, rabbia ed indignazione suscitati da vari scandali di corruzione hanno
dato una grossa mano al M5s; ed è altrettanto certo che i partiti che hanno
governato l’Italia in questi ultimi vent’anni avrebbero fatto molto meglio a
praticare per primi l’austerità, dando il buon esempio (per esempio, dimezzandosi
le indennità parlamentari), invece che pretendere di esserne affrancati. Era il
modo più sicuro per guadagnarsi il disprezzo di milioni di connazionali. Ma il
successo di Grillo è dovuto anche ad altro. I suoi migliori alleati, in questa
campagna elettorale, sono stati la Bce ed il Cancelliere Merkel, che hanno
imposto una politica deflattiva agli Stati dell’Europa meridionale. Un euro ad
immagine e somiglianza del marco tedesco – si abbia l’onesta intellettuale di
ammetterlo – è stato un esperimento fallimentare. Berlusconi e Tremonti, quando
erano al governo lo sussurravano soltanto, Grillo lo ha gridato nelle piazze.
Imporre l’austerità in piena recessione è un grave rischio, pensare di
combattere la deflazione senza incrementare la spesa pubblica è una pericolosa
illusione (che in Grecia porta voti ad “Alba dorata”). Ora in Germania temono
che l’Italia esca dall’unione monetaria. A Berlino farebbero bene a cospargersi
il capo di cenere. Questi sono i frutti avvelenati di scelte dissennate imposte
da loro.
Mauro Ammirati
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