sabato 12 novembre 2016

Un nemico sconosciuto

         Davvero, come sostengono in molti, la Brexit e la vittoria di Donald Trump sono solo i segni più evidenti della fine di un’epoca? Siamo in presenza dell’onda lunga d’un nuovo movimento politico originato da un sentimento d’avversione alle élites sempre più diffuso in larghi strati della popolazione? Probabilmente, è un po’ azzardato affermare che, dopo quanto avvenuto in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, il mondo non sarà più come prima, ma sarebbe sicuramente un grave errore considerare i fatti in questione dei semplici incidenti di percorso. Di questo movimento politico, a cui è stato dato il nome di «populismo»,  credo che, in tanti, non abbiano ancora compreso la vera natura. Vengono considerati «populisti» e messi nello stesso calderone tutti i leaders politici che, negli ultimi anni, hanno saputo cavalcare il crescente malcontento nelle società occidentali, il che, a mio parere, è già indice di superficialità. Cos’hanno in comune Beppe Grillo, Donald Trump, Nigel Farage, Matteo Salvini, Marine Le Pen, Viktor Orban, considerati tutti populisti? E cosa unisce quei movimenti, etichettati (a torto o a ragione) di destra che stanno prendendo piede anche in Nord Europa?  Molto poco. Sicuramente, una certa capacità di sedurre i settori più arrabbiati dell’elettorato, un certo ascendente su quella parte della società che ha pagato, negli ultimi anni, il prezzo più alto alla recessione. Ma le affinità finiscono qui. Li divide tutto il resto. La verità è che in quel fenomeno chiamato convenzionalmente populismo trovi liberisti, socialisti, nazionalisti, europeisti, ecologisti, marxisti, gruppi che chiedono di fronteggiare i flussi migratori con il pugno di ferro o che combattono contro la privatizzazione del servizio d’erogazione dell’acqua, neofascisti, uomini e donne che salutano con il pugno chiuso o, come si diceva una volta, «romanamente»..., c’è di tutto. Dunque, come già accennato, l’unico elemento comune è un’aspra, feroce contrapposizione all’establishment. Ma, quanto ai programmi, ognuno ha il suo, ben diverso da quello degli altri. In Italia, la Lega Nord è contro l’euro e l’Ue, come il Fn francese, mentre il M5S, sugli stessi temi, si mostra molto più cauto; anche sulla questione immigrazione Salvini e Grillo parlano linguaggi diversi; Trump ha saputo accreditarsi in campagna elettorale come un fiero protezionista, promettendo di voler rimettere in discussione i trattati commerciali, cominciando dal Nafta, ma ha altresì assunto l’impegno di tagliare il deficit ed il debito pubblico, che invece è cresciuto di quasi il 30% con il moderato Obama; l’ungherese Orban è stato contestato dai vertici dell’Ue per aver, di fatto, riportato la banca centrale del suo Paese sotto il controllo del governo, una misura di straordinaria importanza e che ha quasi del sacrilego nell’Europa comunitaria, ma non si ha notizia di altri movimenti detti populisti che abbiano dichiarato di voler fare altrettanto. Potrei andare avanti a lungo, ma vado dritto al punto: il populismo non è una categoria della politica, è un termine vuoto, senza un concetto che lo definisca, essere populista non significa niente. E lo scrivo per la semplice ragione che le classi dirigenti dei Paesi occidentali pensano di risolvere la grave, profonda e drammatica crisi che attraversa le nostre società semplicemente rinchiudendo nello stesso cortile, appunto quello dei «populisti», allo scopo di screditarli, tutti coloro che danno voce al grido di dolore che sale dal basso e non trova ascolto nelle istituzioni, nei governi e nelle forze politiche storiche e tradizionali. Coloro che hanno in mano le redini delle principali democrazie non hanno ancora capito quanti morti e feriti abbia lasciato sul terreno la guerra economica che stiamo vivendo da almeno vent’anni, ma si illudono di poter neutralizzare la rabbia degli esclusi imprimendo il marchio di populista a chi insidia il loro potere. Fanno quadrato, nella loro torre d’avorio, da bravi oligarchi e con spirito elitario, come i socialisti ed i gollisti in Francia, come centrodestra e centrosinistra in Italia, contro chi preme dall’esterno per prendere il loro posto. Ma questa difesa ad oltranza non potrà durare all’infinito. Sono rimasti spiazzati e sorpresi da questo nuovo fenomeno, non lo conoscono affatto, sanno solo che è un loro nemico, ecco perché non si sforzano di capirlo, infatti  gli hanno dato un nome che non significa niente.

         Mauro Ammirati                  

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