Per capire cosa stia succedendo in Italia, può essere utile
spiegare un fatto che mi accadde un paio di anni fa. Ero ad un convegno, cui
partecipavo come relatore, argomentavo che, per l’Italia, era stato un pessimo
affare rinunciare alla lira, per adottare l’euro. L’altro relatore, un
economista di fede europeista, ovviamente, sosteneva la tesi opposta, adducendo
che con «la liretta» non saremmo andati da nessuna parte, che «l’Italietta»
sarebbe stata sbranata dal mercato mondiale ecc. E fin qui, niente di
sorprendente, perché, si sa, di questo tema, nel nostro Paese, non si è mai
smesso di discutere, almeno tra addetti ai lavori e ripetendosi sempre le
stesse cose. Parlammo a lungo, finché non gli chiesi: «Professore, ma lei
davvero è convinto che dobbiamo ancora proseguire sulla strada dell’austerità?»
Mi rispose: «No, assolutamente. L’austerità uccide.» Già, l’austerità uccide.
Uno studioso onesto, che non sia accecato dall’ideologia o anche solo da un
ideale, che analizzi i fatti in profondità, che li tratti con rigore
scientifico, senza pregiudizi, che non confonda la politica con la religione,
difficilmente può negare che comprimere la domanda interna per abbattere il
debito pubblico è il modo più sicuro per accrescere lo stesso debito pubblico.
L’austerità punta ad arrestare i consumi, quindi distrugge la produzione ed i
posti di lavoro, svaluta i salari, diminuisce il gettito erariale, ossia le
entrate del bilancio dello Stato ed il risultato, inevitabilmente, è che il
debito aumenta. È successo, negli ultimi
tempi, in Italia ed è successo anche in Grecia. L’austerità aveva un senso
negli anni ’70, quando la crisi era dovuta all’aumento del prezzo del petrolio,
cioè ad un fattore esterno, indipendente dalla nostra volontà. Praticare,
invece, l’austerità per abbattere il debito pubblico è un suicidio politico.
Negli ultimi anni, lo avevano capito non solo economisti europeisti, ma anche i
partiti ed i governi di centrosinistra, come quello di Matteo Renzi e Paolo
Gentiloni, che chiedevano all’Ue di consentire all’Italia di spendere di più
(almeno per le situazioni straordinarie, come la ricostruzione delle zone
terremotate), ma inutilmente. Il centrosinistra aveva capito che la politica
dei tagli alla spesa e del rigore finanziario l’avrebbe portato ad una sicura
sconfitta elettorale, ma non poteva andare alla guerra con l’Ue senza
ammettere, implicitamente, che avevano ragione i suoi avversari a criticare
aspramente la Commissione europea. Il che sarebbe stato alquanto imbarazzante,
oltre che un regalo alla propaganda della Lega e del M5S. Così, come volevasi
dimostrare, le elezioni del 4 marzo le hanno vinte Lega e M5S. Non poteva
essere altrimenti. Il Pd, finché è stato al governo, sapeva che stava andando a
sbattere contro un muro, ma ha dovuto accelerare. Significa che gli italiani sono
diventati antieuropeisti o euroscettici? Che hanno cambiato radicalmente
opinione sulla politica estera dell’Italia? Che, addirittura, sono diventati,
come afferma qualcuno, filorussi e putiniani? Nient’affatto. Gli italiani hanno
semplicemente constatato che sette anni di sacrifici, di riforme gravose come quella
sulle pensioni, sul lavoro e, addirittura, l’inserimento del pareggio di
bilancio in Costituzione hanno drammaticamente peggiorato le loro condizioni di
vita, senza dare alcun miglioramento in cambio. E durante quei sette anni, si
sono sentiti ripetere, quotidianamente, che le riforme menzionate erano il
prezzo da pagare per restare nell’Eurozona. Così, si sono detti: o si cambia
l’Europa o se ne esce. È una valutazione semplice e concreta. Il governo di
Giuseppe Conte è nato da un’intesa tra Lega e M5S, due forze politiche molto
diverse tra loro, le accomuna solo l’avversione alla politica dell’austerità,
nel corso della vecchia legislatura, si sono distinte per le loro aspre
critiche alle direttive che provenivano dall’Europa comunitaria. Qualcuno dirà
che avevano semplicemente fiutato che il vento era cambiato. Ed è vero anche
questo. Ma ci sarà pure una ragione se, ad un certo punto, il vento è cambiato.
Mauro Ammirati
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