venerdì 7 marzo 2008

policy

A carte scoperte

In principio era la semplificazione, cioè il proposito di ridurre il numero dei simboli sulle schede elettorali, al fine di contrastare il frazionamento del cosiddetto quadro politico. Ed i primi passi, diciamolo pure, andavano in questa direzione. «Il Partito Democratico correrà da solo, quale che sia il sistema elettorale», aveva solennemente sentenziato Walter Veltroni, facendo irritare tutte le forze della sinistra antagonista e non solo, ancor prima che venisse stilato il certificato di decesso del governo Prodi. Di lì a pochi giorni, Berlusconi e Fini annunciavano che Forza Italia ed An avrebbero presentato una lista comune, insieme ad altri partiti del centrodestra, aggiungendo che chi avesse voluto aderire al nuovo soggetto politico avrebbe dovuto rinunciare al proprio simbolo. Offerta - o proposta -, com’è noto, respinta con sdegno dall’Udc. Sembrava che davvero l’Italia fosse stata folgorata sulla via di Damasco dalla luce del bipartitismo e del modello di democrazia anglosassone. Tutto ciò avveniva solo qualche settimana fa. Ma, si sa, prima o poi bisogna tornare a fare i conti con la realtà, anche i sogni hanno un costo e non sempre si ha il coraggio di pagarlo. Così, Berlusconi ha cominciato subito a correggere il tiro, dichiarando che in Lombardia e Veneto sarebbe stato concesso alla Lega Nord di presentarsi con il proprio simbolo e nel contempo di restare nell’alleanza di centrodestra, mentre veniva rifiutato a “La Destra” di Storace e, come già accennato, all’Udc, di fare altrettanto. Veltroni stipulava un accordo elettorale con l’Italia dei Valori, senza chiederle di confluire nel rassemblement del Pd, se non ad elezioni avvenute. Qualche giorno dopo, sempre Veltroni imbarcava anche i radicali, ottenendo in cambio da costoro la rinuncia al simbolo, ma facendo infuriare i tanti cattolici che hanno partecipato alla fondazione del suo partito. È abbastanza per affermare che il proposito strategico della semplificazione è stato finora perseguito in modo tutt’altro che lineare. Gli argomenti addotti per tali manovre, nell’uno e nell’altro campo, sono i seguenti: la Lega Nord è come la Csu e Lombardia e Veneto sono come la Baviera; la radicale Emma Bonino si è fatta molto apprezzare come ministro del governo Prodi, quindi ha una discreta dote elettorale; quanto a Di Pietro è un ottima copertura per il Pd sul versante dell’antipolitica, è ritenuto l’unico uomo del “palazzo” che possa dialogare con il popolo del “V-day”, i seguaci di Beppe Grillo. Non bastasse l’incoerenza dei grandi leaders, ad assestare altri colpi alla prospettiva del bipartitismo si sono aggiunti i piccoli partiti a rischio d’esclusione dal futuro Parlamento, i quali o si sono coalizzati tra loro, come quelli d’estrema sinistra o proveranno a superare da soli le soglie di sbarramento elettorale per Camera e Senato. Tra le nuove liste è da annoverare anche una “di scopo” o monotematica o one objective party, cioè il movimento antiaborista capeggiato dal noto giornalista Giuliano Ferrara. Di qui la nuova linea adottata da Partito Democratico e Popolo della Libertà, consistente nel mandare un messaggio preciso, semplice e chiaro agli elettori: evitate il voto inutile, ossia non date i vostri consensi a forze politiche che non siano, in ordine di grandezza, le prime due del Paese. La barra, dunque, rimane orientata verso il bipartitismo. Talché, sembra che ora la vera competizione sia tra Pd e Pdl da una parte e tutte le altre formazioni politiche dall’altra. Le elezioni politiche divengono una sorta di referendum sul sistema politico-istituzionale da costruire in Italia. In altri termini, nella consultazione imminente agli italiani viene domandato se siano o no favorevoli all’instaurazione d’un sistema sostanzialmente bipartitico. A questo punto una considerazione è inevitabile.
La prossima legislatura, convengono tutti, sarà costituente. Dunque, tanto vale scoprire sin da ora le carte. Se Berlusconi e Veltroni inseguono il bipartitismo lo dicano chiaramente, senza troppi giri di parole. Dicano, cioè, che, chiunque vinca le elezioni e vada al governo, Pd e Pdl nella prossima legislatura introdurranno il sistema elettorale uninominale ad un solo turno, perché se davvero vogliono ricalcare il sistema italiano su quello anglosassone non hanno altra scelta. Se questa è la vera posta in gioco, allora non si capisce perché gli elettori non debbano saperlo. Dalla chiarezza, dalla verità e dalla trasparenza la politica ha solo da guadagnare, dall’ambiguità solo da temere.
Mauro Ammirati 07.03.2008

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