lunedì 24 novembre 2008

Ma ora si decida


Si fa fatica a crederci, ma la questione che nelle ultime settimane ha impegnato di più la classe politica italiana è stata la presidenza della Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai. A milioni di italiani che recentemente hanno perso il posto di lavoro o rischiano di perderlo nelle prossime settimane è facile immaginare quanto possa stare a cuore che a presiedere l’organo suddetto sia Leoluca Orlando oppure Riccardo Villari oppure ancora Sergio Zavoli. È sconcertante, ma non inspiegabile. Infatti, è la conseguenza della situazione in cui è venuto a trovarsi il Partito Democratico. Solo Veltroni può sbloccare tale situazione e fare chiarezza una volta per tutte, senza escludere che ciò possa comportare per il Pd il rischio d’una scissione. Di quel leader dialogante e dallo stile anglosassone che girava l’Italia durante la campagna elettorale della scorsa primavera dicendo che bisognava finirla con «il linguaggio dell’odio» è rimasto solo uno sbiadito ricordo. Piaccia o no, sosteneva allora Veltroni, Berlusconi ed i suoi alleati rappresentano in questo Paese un votante su due, pertanto non possiamo sottrarci al dovere di confrontarci con loro e rendere la politica italiana un po’ meno conflittuale. Uno sforzo meritorio. Forse il centrodestra non l’ha aiutato abbastanza, ma va aggiunto che neanche Veltroni ha aiutato se stesso. I problemi si sono presentati subito, sin dal dibattito sul voto di fiducia in Parlamento al nuovo governo. In quella circostanza, Di Pietro, annunciando voto contrario e rivolgendosi al premier incaricato, dichiarò: «Conosciamo la sua storia personale.» Il primo errore commesso da Veltroni è stato quello di non capire che l’avversione di Di Pietro nei confronti di Berlusconi è un fatto «personale». Non si tratta di remore di carattere ideologico, il leader dell’Italia dei valori non ha mai perso occasione per dimostrare che del centrodestra non gli piace la “persona” del leader (appena qualche giorno fa ha accostato Berlusconi al famigerato generale Jorge Videla, nel caso il concetto non fosse abbastanza chiaro). Berlusconi e Di Pietro non sono avversari politici, sono nemici irriducibili, non c’è possibilità alcuna di dialogo tra i due, pertanto Veltroni deve scegliere: se persegue ancora il disegno di costruire una democrazia fondata sulla legittimazione vicendevole dei due schieramenti, allora deve rompere con Di Pietro; in caso contrario, darà (come sta dando) sempre l’impressione di essere un leader indeciso ed al traino d’un alleato. Da quattordici anni la politica italiana ha davanti a sé un problema che non riesce a risolvere: una parte della sinistra ritiene che non si possa riconoscere a Berlusconi la dignità d’avversario. Chiunque, in questi quasi tre lustri, a sinistra abbia cercato di dare al fondatore di Forza Italia la patente di “leader rispettabile” si è bruciato e lo stesso Berlusconi, con i suoi attacchi alla magistratura e leggi come il “lodo Alfano”, di certo non ha dato una mano agli avversari che volevano legittimarlo. Fatto sta che oggi la sinistra più ostile al Capo di governo ha trovato il suo rappresentante in Antonio Di Pietro. Dunque, o Veltroni prende il coraggio a due mani, abbandona questa sinistra e va per la sua strada, consapevole che scelte simili non sono mai indolori; oppure, resterà a metà del guado, magari osservando con rimpianto Mc Cain ed Obama che dopo pochi giorni il 4 novembre si sono incontrati stringendosi la mano.
Mauro Ammirati

1 commento:

Divenanzio ha detto...

Caro Mauro condivido quello che hai scritto. Ad aprile scorso sono andato in piazza Salotto a Pescara per ascoltare un comizio di Veltroni. Come tu ben sai io sono un militante decennale di Forza Italia ma non penso di avere i paraocchi; mi piace il confronto e mi è piaciuta la scorsa campagna elettorale (non solo perchè abbiamo stravinto). Punto primo: io penso che la figura di Berlusconi sia controversa e non priva di aspetti criticabili. Punto secondo: penso che Forza Italia sia stato un movimento con regole poco chiare e scarsa partecipazione democratica. Punto terzo: penso che il migliore Berlusconi sia stato quello del 1994, un vero rivoluzionario liberale. Come vedi io, pur essendo un uomo di parte, non sono suddito di nessuno, tantomeno del mio capo di partito. Ebbene, ho appena elencato alcune grosse criticità, alcuni difetti del berlusconismo ma ti chiedo: ci sono anche dei meriti? Lo stesso discorso penso si possa fare dei massimi dirigenti della sinistra. Il PCI è stato per anni dipendente dalle finanze del PCUS di Stalin ma non possiamo negare che da quel partito provengono personalità di rilievo come Napolitano e D'alema. E, d'altronde, anche Veltroni proviene dal PCI ma non penso che questo debba essere considerato come un peccato originale. Ti parlavo del comizio di Walter a Pescara. Io sono andato lì per ascoltare le parole del leader del PD perchè l'avevo già seguito in TV e mi era piaciuto molto il suo tono, il suo fair play, il suo guardare avanti e la sua determinazione nel voler fondare una nuova sinistra, forse più simile al New Labour o ai Democratici americani. Addirittura rimasi quasi affascinato da quel Comizio in piazza Salotto e confidai a mia moglie:"Sono molto scosso perchè Veltroni è stato quasi convincente.. se il Pd continua così un giorno potrà conquistare il voto anche di gente come me..". Poi sappiamo come è andata a finire; Silvio ha stravinto ed è tornato ad essere un corruttore politico, un mafioso, Hitler ecc.. Adesso si vota in Abruzzo ed il Pd si ritrova magicamente insieme a Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, IDV, Sinistra democratica, I Verdi ecc.. Il centrodestra è pieno di difetti ma il PD ha rinunciato definitivamente alla prospettiva di una sinistra moderna riformista e maggioritaria. A tutto vantaggio di Berlusconi. A tutto svantaggio della nostra cara Italia.