Ora sono in tanti a chiedersi: sarà l’immigrazione a far
crollare l’Ue? Perché sono proprio gli europeisti più convinti, come Matteo
Renzi, a dire preoccupati e senza troppi giri di parole: ««Se crolla Schengen,
crolla l’Ue». Dunque, non la disoccupazione, non la bassissima crescita
economica, non l’esistenza sempre più precaria dei cittadini comunitari, non il
debito pubblico dei Paesi del Sud Europa, ma l’afflusso di profughi, rifugiati
e richiedenti asilo minaccia la realizzazione dell’ideale europeista?
Apparentemente, sì. Ma il tema esige un’analisi più approfondita, perché i
problemi che affliggono, soprattutto, i Paesi che compongono Eurozona sono
strettamente legati l’uno all’altro e possono essere tutti ricondotti alla
vecchia e nota fobia tedesca dell’inflazione e della moneta debole. Andiamo con
ordine. Cominciamo, intanto, con il dire che alcune centinaia di migliaia di
profughi che si disperdono in un continente grande come il nostro mai e poi mai
susciterebbero isterismo collettivo e xenofobia se ogni spagnolo, italiano,
portoghese, greco… avessero un posto di lavoro ed un’esistenza dignitosa. Cosa
che non può affatto dirsi per buona parte della popolazione dell’Ue. Inoltre, quei
poveri siriani che fuggono dalla guerra civile, dalla persecuzione e dalla
pulizia etnica vanno ad aggiungersi ad un numero già considerevole di residenti
extracomunitari: «Il numero di persone nate al
di fuori dell'UE-28 e dimoranti in uno Stato membro al 1° gennaio 2014 era
di 33,5 milioni», fonte Eurostat. Purtroppo, immaginare che milioni di
uomini e donne si spostino da un continente all’altro senza che ciò scateni tensioni
sociali è una pericolosa illusione. Intendiamoci, non è qui in discussione il
dovere morale di accogliere chi cerca di scampare alla morte, violenta o per
inedia non fa differenza. La nostra civiltà giudaico-cristiana rinnegherebbe se
stessa se si voltasse dall’altra parte quando dei disperati le tendono una
mano. Ma dobbiamo raccontarcela tutta, cari lettori, altrimenti non è
un’analisi, ma una presa in giro. Dobbiamo dirci che la politica ha preso un
abbaglio ed è stata imperdonabilmente facilona. Le rispettabilissime ragioni
etiche ed umanitarie, in tutti questi anni, hanno avuto un peso secondario
rispetto a quelle pratiche, dettate più dal cinismo che dalla compassione. Ci è
stato detto e ripetuto che di immigrati avevamo bisogno perché erano più
prolifici di noi, così avrebbero garantito la sostenibilità dei nostri sistemi
pensionistici, messi a rischio dal calo delle natalità nei Paesi sviluppati. Ci
veniva spiegato che africani ed asiatici erano disposti a fare lavori che gli
europei respingevano con sdegno. Pochi si sono spinti fino a raccontare una
verità ai limiti dell’inconfessabile: gli immigrati servivano, primariamente, a
comprimere salari. Così, oggi scopriamo di maneggiare la più esplosiva delle
miscele: immigrazione, disoccupazione e bassi salari. L’estrema destra
ringrazia ed ora passa alla cassa (elettorale). L’immigrazione è stata,
doverosamente, accettata. Ma, quel che è peggio, è stata incoraggiata,
sfruttata da un modello di sviluppo che non si regge in piedi se gli vengono a
mancare aspiranti schiavi. Cosa avrebbe dovuto fare la politica? Se il problema
è il calo delle natalità, si adottano misure per favorire le natalità, non
l’immigrazione. Se si vuole aiutare gli africani, è alquanto insensato privare
l’Africa dei suoi giovani, delle sue forze migliori. Parliamo d’un continente
ricchissimo di materie prime e risorse naturali, che ha bisogno della nostra
tecnologia, ma indebitato fino al collo con il sistema finanziario occidentale,
cioè con noi. Hanno necessità dei nostri ingegneri, dei nostri lavoratori
qualificati, dei nostri medici, ma finora li abbiamo sommersi di debiti in
dollari ed euro, che ora non riescono a pagare (date uno sguardo ai documenti
delle Conferenze episcopali africane per capire quanto sia serio il problema). Purtroppo,
è un dato storico: è molto difficile che un Paese riesca a pagare debiti
denominati in moneta straniera. Come abbiamo spiegato tante volte, su queste
pagine, la bassa crescita in Eurozona si risolve sostenendo la domanda interna.
Ma l’Ue, sotto la forte influenza tedesca, teme che questa politica crei
inflazione (l’incubo della Germania da 70 anni a questa parte). Dunque, invece
che sostenere i consumi in casa nostra, si è preferito puntare sulle
esportazioni, sulla competitività nel mercato mondiale. E questa competitività
esige bassi salari, nuovi schiavi. Cioè, immigrati. Si sono costruiti una bomba
devastante. Ed ora non sanno come disinnescarla.
Mauro Ammirati
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