venerdì 11 marzo 2016

Più che coraggio, è razionalità

         Per quale ragione un Capo di governo quarantunenne, quindi relativamente giovane (per i parametri della politica italiana, giovanissimo, un ragazzino), con una carriera spalancata davanti a sé, decide di giocarsi il tutto per tutto in un referendum? È inevitabile porsi questa domanda, dopo che Matteo Renzi ha dichiarato solennemente che se perderà il referendum sulla riforma costituzionale, da tenersi il prossimo ottobre, chiuderà con la politica e se ne tornerà a casa. C’è un precedente – perdonateci l’accostamento un po’ azzardato, perché parliamo d’un gigante della storia del XX secolo – ed è quello di Charles de Gaulle. Nel 1969, il generale aveva la Francia nelle sue mani, ma indisse un referendum, anche quello avente ad oggetto una riforma costituzionale (ed anche in quel caso si trattava del Senato), dichiarando che, in caso d’esito negativo, si sarebbe dimesso da Capo dello Stato. Ma le differenze tra le due circostanze sono considerevoli: de Gaulle era ormai un uomo anziano (aveva quasi il doppio degli anni di Renzi), di lì a poco sarebbe andato in pensione comunque e, soprattutto, un posto nella storia se l’era già assicurato, partecipando alla Resistenza francese, risolvendo la questione algerina con il minimo danno possibile e dando vita alla Quinta Repubblica. Dunque, da cosa ha origine la decisione di Renzi di giocarsi il suo futuro alla slot machine del voto del prossimo autunno? A mio parere, da un progetto politico molto ambizioso: costruire una nuova Ue, farne un’organizzazione sovrannazionale ben diversa da quella attuale, tecnocratica e formata da troppi satelliti che girano intorno alla Germania. Renzi sta semplicemente osservando cosa accade “lì fuori”, oltre l’Europa continentale, il nucleo originario della Comunità. E vede che c’è tanta confusione sotto il cielo. Oltremanica, prende corpo il rischio Brexit, la Gran Bretagna, il prossimo 23 giugno, deciderà, anche qui con un referendum, se restare o no nell’Ue. Comunque vada, il voto a favore della separazione raggiungerà un’alta percentuale, il che è già indicativo d’un forte malessere verso le istituzioni comunitarie. C’è la questione profughi, un fenomeno davanti al quale molti Paesi dell’Ue hanno ripristinato le frontiere nazionali e tanti saluti all’Europa della solidarietà. C’è il Medio Oriente in fiamme, un incendio che abbiamo alle porte di casa, perché l’Isis è arrivato in Libia, un’altra questione in cui non si vede traccia d’una politica estera europea. L’Ue si è mostrata compatta solo sul fronte Ucraina, combinando un disastro e scatenando una guerra (se Putin fosse davvero quel pericoloso nazionalista di cui si parla, Dio solo sa cosa sarebbe avvenuto). Ci sono anche le primarie americane, in cui due outsider, Sanders e Trump hanno sconvolto tutti i giochi. Sono due figure lontanissime, appartengono a due mondi diversi, ma se l’uno e l’altro hanno raccolto tanti consensi è segno che anche molti americani non ne possono più di un’economia che, in ultima analisi, sa solo comprimere i salari, sostituendo mano d’opera locale con immigrati. E, restando in tema d’economia, nell’Europa comunitaria, la situazione va facendosi drammatica, dando fiato, per di più, ai movimenti d’estrema destra. Per tutte queste ragioni, Renzi è sempre più insistente nel chiedere che l’Ue sia «più attenta alla crescita» e meno ai dati contabili, di farla finita con l’austerità, che ha già distrutto un Paese come la Grecia, di anteporre la creazione di lavoro all’esigenza dei conti in ordine, per farla breve, di costruire una nuova organizzazione di Stati in cui non ci siano più gli scolari virtuosi a dare lezioni agli indisciplinati. Ma, come è facile comprendere, per combattere una simile battaglia occorre intanto avere un forte sostegno, quindi un’alta percentuale di consensi, in casa propria. Renzi poteva scegliere la strada delle elezioni anticipate. Ma il referendum sulla riforma costituzionale si presta in modo particolare a diventare un plebiscito su un leader che alza la posta al massimo, dicendo: o vinco o vado a casa. Non è solo questione di coraggio. È lucida razionalità. I tempi, “lì fuori”, stanno già cambiando. E oltre le Alpi non l’hanno ancora capito.

         Mauro Ammirati           

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