In tempi di globalizzazione e di (conseguente) primato dell’economia,
inevitabilmente, la partecipazione alla politica diminuisce. Le elezioni
legislative francesi di poco tempo fa sono state solo l’ultima dimostrazione (o
campanello d’allarme) che va sempre allargandosi il solco tra governati e
governanti o, come suol dirsi in Italia, tra Paese reale» e «Paese legale». I
partiti, vecchi e nuovi, cercano di mobilitare gli elettori inventandosi
pericoli inesistenti come il fascismo risorgente ed il comunismo alle porte,
provando a creare uno stato di guerra o una sindrome d’assedio, bastante a
scuotere i cittadini dall’indolenza o dal sopore. Ma certi slogan non fanno più
presa, ricordano i bunker che Henver Hoxha faceva costruire, ancora negli anni ’80,
sulle spiagge albanesi, dicendo che gli italiani avrebbero potuto attaccare da
un momento all’altro. La verità è dura da mandare giù, ma estremamente
semplice: gli elettori hanno capito che la politica è – per sua scelta –
impotente a risolvere i principali problemi, lo Stato, dappertutto, lascia fare
ai mercati, all’economia finanziaria. Le più importanti decisioni, nei Paesi
comunitari, non vengono prese dai governi nazionali, ma dalla Commissione
europea e dal Consiglio europeo. Inoltre, i Paesi membri di Eurozona devono
attenersi ai cosiddetti parametri su debito e deficit, quindi hanno una libertà
di manovra molto stretta, non possono fare la politica monetaria e fiscale che
la situazione socioeconomica richiede. Anche fuori dall’Ue, i governi
perseguono innanzitutto la competitività internazionale, il che significa dare
garanzie d’affidabilità, di solvibilità, di stabilità, in pratica, basso
debito, basso deficit e basse (o inesistenti) imposte per attrarre investimenti
stranieri. In alcuni casi di più, in altri di meno, ma la politica si è legata
le mani, procede con il pilota automatico, la finanza internazionale indica la
rotta ed i governi la seguono. Volete meravigliarvi che i cittadini snobbino le
elezioni, che in altri tempi erano – giustamente – considerate il momento più
importante della vita democratica d’una nazione? Tra qualche mese si andrà ad
eleggere il Parlamento italiano ed i partiti farebbero meglio a temere la diserzione
degli aventi diritto al voto, più che un esito sfavorevole, ma sembra non vogliano
darsene per inteso. La situazione è desolante. Le ultime elezioni amministrative,
cui partecipò solo il 58% dei cittadini chiamati alle urne, hanno rimesso in
gioco il centrodestra, che un anno fa sembrava già spacciato. Berlusconi
continua a ripetere pari pari ciò che diceva nel 1994: tagli alla spesa
pubblica e diminuzione della pressione fiscale. Un programma che, in tre volte
che è stato al governo, non ha mai saputo e potuto attuare, perché tagliare la
spesa pubblica non è proprio cosa da niente ed in Eurozona non si può diminuire
le imposte se prima – appunto - non tagli la spesa pubblica. Occorrerebbe
rilanciare consumi ed investimenti, ma, anche qui, in Eurozona non è possibile,
a causa dei parametri comunitari, in più abbiamo inserito il pareggio di
bilancio in Costituzione. Berlusconi ha proposto di introdurre una doppia
moneta, come le Am-lire dell’ultimo dopoguerra, ma i trattati comunitari
vietano che si faccia una cosa del genere. Forza Italia è un pilastro del
centrodestra, sarebbe meglio che la coalizione facesse chiarezza su questi
punti, altrimenti, nella migliore delle ipotesi, è destinata alla quarta
esperienza fallimentare di governo. Il centrosinistra, negli ultimi anni, ha
investito tutto sull’Ue, sull’euro e, più in generale, sulla globalizzazione,
perciò non può tornare indietro senza perdere la faccia. Rappresenta la
continuità, la difesa del presente, certamente non la volontà di rimettere
tutto in discussione. Il M5S, sulle questioni più importanti, ha cambiato troppe
volte posizione: eurobond, euro a due velocità, referendum sull’euro, ora la
moneta fiscale, domani chi lo sa… È un quadro scoraggiante. La politica si è
disabituata a governare, a pensare in grande, a progettare, a costruire il futuro.
Ed ora ha una maledetta paura a riprendere in mano la situazione. E se i
politici non credono più in se stessi, perché gli elettori dovrebbero credere
nei politici?
mercoledì 30 agosto 2017
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