martedì 27 maggio 2014

Il nuovo bipolarismo


         Il voto del 25 maggio non ha semplicemente modificato i rapporti di forza tra i vari gruppi che compongono l’Europarlamento.  Questo può dirsi d’ogni elezione. No, ha fatto molto di più: ha cancellato un mondo ed una storia, dando inizio ad una nuova epoca. Nell’assemblea che rappresenta i popoli dell’Europa comunitaria, sia i partiti d’area socialista, che quelli che aderiscono al Ppe avranno meno seggi rispetto alla legislatura precedente, mentre sale a circa 150 il numero dei parlamentari cosiddetti euroscettici o antieuropeisti o anche sovranisti. Mai accaduto prima un fatto del genere, un dato sconcertante per chi ha fede nella causa dell’europeismo. Il Fn di Marine Le Pen, in Francia, ottiene il 25% ed è, ora, la prima forza politica del Paese; dilaga l’Ukip in Gran Bretagna, cresce il fronte antieuropeista anche in Ungheria, Danimarca, Austria ed Olanda. Almeno due generazioni di studiosi di scienza della politica si sono formati su testi universitari che parlavano d’un mondo, tutto sommato, semplice, facile da capire. Nelle democrazie occidentali, leggevamo su questi libri, il governo è conteso da socialdemocratici e conservatori, centrosinistra contro centrodestra, gli uni chiedono una maggiore presenza dello Stato in economia e più solidarietà sociale, gli altri più libertà economica, meno intralci all’imprenditoria. Quale che fosse il sistema istituzionale (parlamentare o presidenziale) ed il sistema elettorale, la dialettica democratica funzionava, più o meno, dappertutto così. Nella bipartitica Gran Bretagna, come nelle bipolari Francia e Germania. Poi c’erano Paesi, come le democrazia scandinave,  dove la situazione era un po’ più confusa, ma le famiglie politiche principali erano le stesse che primeggiavano altrove, si dicevano tutti o socialisti o moderati. Nel 1994 diventò bipolare anche l’Italia. Ebbene, quel mondo non c’è più, è finito, è stato consegnato alla storia. Se oggi si votasse per le politiche in Francia, socialisti e gollisti, i nemici di sempre, dovrebbero allearsi per sbarrare il passo al Front National. I Tories in Inghilterra oggi sono il terzo partito, i laburisti il secondo, il mondo sottosopra. Il punto è che pensavamo di aver capito tutto di questa novità che chiamiamo “globalizzazione”, in realtà, non abbiamo ancora imparato a conoscerla. «Il vero bipolarismo oggi non è più tra sinistra e destra, ma tra mondialismo e nazionalismo», ha dichiarato Marine Le Pen, che fa il pieno di voti nei collegi una volta di tradizione socialista e dove ora ci sono le rovine di distretti industriali smantellati dalle delocalizzazioni. Sì, è questo il nuovo bipolarismo: da una parte, chi vuole il ritorno alle sovranità nazionali, quando è necessario anche a politiche protezionistiche; dall’altro, chi vuole un mondo senza frontiere e mercati senza dogane. Rigiratela come volete, usate pure un lessico diverso, ma la sostanza non cambia. I mondialisti affermano che la globalizzazione è irreversibile, perché ormai l’interdipendenza tra le varie economie è tale che non si può tornare indietro. Il disoccupato cinquantaquattrenne, che è considerato troppo anziano anche per essere riqualificato, non può fare altro che lottare perché non sia consentito ad alcuna azienda di chiudere a Bordeaux ed aprire uno stabilimento in Bangladesh (magari investendo capitali ottenuti da una banca che poi nega il mutuo sulla prima casa alle giovani coppie). I mondialisti accusano i sovranisti di xenofobia, fascismo e populismo. Ed è questo, per i primi, il modo più sicuro per andare incontro a nuove sconfitte. 

         Mauro Ammirati

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