La vittoria del centrodestra alle elezioni politiche italiane è tutt’altro che sorprendente. Non occorreva che ce lo dicessero i sondaggi per sapere che sarebbe andata a finire così (al di là del fatto che, in passato, i sondaggisti qualche cantonata l’hanno pure presa), bastava guardarsi intorno, il malcontento provocato dal governo Prodi si toccava con mano. Tanto bastava per capire che in questa partita il Pd non aveva alcuna chance. Possono, forse, stupire quei circa nove punti percentuali che separano Berlusconi da Veltroni, una vittoria così schiacciante, probabilmente, neanche il leader del Pdl se l’aspettava. Ma, convenendo con quasi tutti gli opinion makers, italiani e stranieri, a nostro parere, i dati davvero sorprendenti sono l’avanzata della Lega Nord ed il tracollo della Sinistra l’Arcobaleno. No, che la sinistra antagonista non riuscisse ad oltrepassare neanche lo sbarramento alla Camera e la Lega, praticamente, raddoppiasse i consensi non l’aveva previsto proprio nessuno (siamo anche pronti a ricrederci, ma prima del 14 aprile non abbiamo letto alcun articolo in cui venissero profetizzati i fatti suddetti). Ad ogni modo, si può ragionevolmente affermare che i due dati hanno un aspetto in comune: l’uno e l’altro sono stati determinati dalla reazione d’una buona parte dell’elettorato settentrionale alle conseguenze sull’ordine pubblico dell’immigrazione crescente ed incontrollata. Lunedì sera, ostentando soddisfazione e commentando i risultati usciti dalle urne, i dirigenti della Lega Nord battevano tutti, nessuno escluso, sullo stesso chiodo, anzi su due chiodi: «federalismo fiscale» e «stop all’invasione». Badate bene: «invasione», che non è proprio come dire “immigrazione”. La Lega, è un dato inconfutabile e riconosciuto anche dagli esponenti dell’estrema sinistra, ha raccolto un’alta percentuale di voti nei quartieri e nelle zone ad alta presenza di operai. Orbene, è quantomeno dubbio che alla classe operaia del Settentrione stiano particolarmente a cuore il federalismo fiscale, l’antistatalismo e, men che meno, il liberismo per i quali la Lega si batte da sempre. Mentre è certo che l’impennata dei reati commessi da immigrati negli ultimi anni ha colpito soprattutto le periferie, ossia i quartieri popolari delle grandi città. Un fenomeno che la sinistra antagonista non poteva vedere per miopia ideologica, così che il ministro comunista Ferrero proponeva di accorciare i tempi per ottenere la cittadinanza italiana; che la sinistra riformista ha sottovalutato quanto a pericolosità, forse ritenendo che la tutela dell’ordine pubblico fosse un argomento “di destra” (a Roma, con Veltroni Sindaco, sono sorte le baraccopoli di zingari rom, mentre nella rossa Bologna, il Sindaco Cofferati le baracche voleva toglierle e per questo è stato messo sotto processo dal suo stesso schieramento); e che Berlusconi e Fini hanno preferito tenere ai margini della campagna elettorale, per timore di essere presi per xenofobi e non abbastanza “popolari europei”. Morale: la lotta all’immigrazione è stata considerata riserva di caccia (di voti) della Lega Nord che – troppa grazia, Sant’Antonio! – quasi non riusciva a credere che gli alleati fossero così generosi nei suoi confronti. Più che per propri meriti, Bossi vince per demeriti di avversari e, soprattutto, alleati. Da anni, a dirla tutta.
Il federalismo fiscale, invece, da oggi rappresenta un serio problema per Silvio Berlusconi. Cosa accadrà quando i leghisti porteranno la cambiale all’incasso? Non ci riferiamo alla distribuzione di ministeri, ma al programma di governo, per intenderci, alle cose concrete, alle riforme da fare. «Le tasse pagate dal Nord devono restare al Nord», dicono i deputati ed i senatori del partito del Carroccio. Le riforme costituzionali d’ispirazione federalista difficilmente potranno farsi a maggioranza qualificata, cioè con il consenso dell’opposizione. Se, com’è probabile, si faranno a maggioranza assoluta, quasi sicuramente saranno sottoposte ad un referendum confermativo. Se ne fece già uno, anni fa, sulla devolution e si sa con quale esito. Il progetto di riforma proposto fu respinto a stragrande maggioranza, votarono contro anche moltissimi elettori di centrodestra (che, invero, specie al Meridione, per il federalismo non impazziscono). Vogliamo semplicemente dire che sul suo territorio la Lega è indiscutibilmente fortissima e radicata, ma è comunque minoranza e l’Italia non è solo il Nord. Per la coalizione che ora deve governare l’Italia, questo è un problema.
Mauro Ammirati
martedì 15 aprile 2008
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