martedì 29 aprile 2008
L'Italia, quindici anni dopo
All’indomani del 14 aprile scrivemmo che la vittoria del Pdl alle elezioni politiche non era da ritenersi una sorpresa. Non altrettanto possiamo affermare riguardo all’elezione di Gianni Alemanno a Sindaco di Roma. Non desta clamore solo l’esito della competizione, ma anche quel 7% circa di consensi che separa il vincitore dallo sconfitto. Un fatto inimmaginabile fino a quarantotto ore fa. Dopo quindici anni di ininterrotto governo di centrosinistra, cioè da quando in Italia è stata introdotta l’elezione diretta del Sindaco, la Capitale passa nelle mani del centrodestra. Quanto è accaduto ieri nella Città eterna suscita una riflessione che può aiutarci a conoscere meglio il Paese in cui viviamo o, per meglio dire, i cambiamenti che lo hanno attraversato negli ultimi tre lustri. Infatti, proprio a Roma, nel 1993 per la prima volta uscì allo scoperto quello schieramento che nei quindici anni successivi avrebbe preso denominazioni diverse: Polo delle Libertà, poi Casa delle Libertà, quindi Popolo delle Libertà. Gianfranco Fini era ancora segretario dell’allora M.s.i.-D.n., il partito della nostalgia, dei reduci di Salò, delle camicie nere, dei saluti romani e dei neofascisti che gridavano «eia, aia, alalà». Una forza politica i cui consensi erano sempre oscillati sul 5% e nei primi anni novanta sembrava sulla strada del declino. Il suo giovane leader – aveva poco più di quarant’anni – nel 1993 tentò il tutto per tutto e presentò la propria candidatura alla carica di Sindaco di Roma. Operazione rischiosissima, ma a dispetto delle previsioni, Fini riuscì ad accedere al ballottaggio, raccogliendo consensi a piene mani nell’elettorato dei partiti moderati italiani che andavano sgretolandosi sotto i colpi delle inchieste giudiziarie sulla corruzione. Il centrosinistra aveva un solo modo per fermare Fini: la pregiudiziale ideologica, l’antifascismo. Il segretario del M.s.i., ripeteva incessantemente la macchina della propaganda avversaria, non può diventare Sindaco di Roma. Seppur di poco, Rutelli, candidato della sinistra, vinse le elezioni. Sono passati quindici anni da allora, ma negli ultimi giorni che hanno preceduto il ballottaggio tra Alemanno e, di nuovo, Rutelli, il centrosinistra ha provato di nuovo a giocare la carta dell’antifascismo, facendo leva, soprattutto, sul fatto che la Destra di Storace aveva invitato i suoi simpatizzanti a votare Alemanno e sebbene quest’ultimo avesse respinto la possibilità dell’apparentamento con la Destra medesima. Ma stavolta al centrosinistra è andata male, la pregiudiziale ideologica non ha impedito che il risultato del primo turno venisse ribaltato. Roma non è la stessa del 1993, neanche l’Italia è la stessa di quindici anni fa. In molti fanno ancora fatica a comprendere questo Paese, il che spiega la disfatta della Sinistra l’Arcobaleno alle ultime politiche, l’avanzata della Lega e, in ultimo, la vittoria di Alemanno. Quella di oggi è un’Italia più pragmatica, consapevole che la nostra democrazia non corre rischi, che i veri problemi sono altri, che chiede sicurezza, repressione del crimine, certezza del diritto, efficienza delle istituzioni politiche e sociali, maggiore rigore contro la corruzione, sostegno all’impresa e salari più dignitosi. Il centrodestra italiano ha molti difetti – a partire dal conflitto d’interessi – ma di qui a parlare di «pericolo fascista» ce ne corre; significa ignorare il congresso di Fiuggi, gli strappi di Gianfranco Fini dal Ventennio, come pure il fatto che lo stesso centrodestra al governo ha provato a modificare la Costituzione senza toccarne i “Principi fondamentali”. Provare a persuadere gli italiani che l’uomo nero fosse dietro l’angolo era una strategia perdente e tale si è rivelata. È giunto il momento di prenderne atto, una volta per sempre: questo Paese è cambiato.
Mauro Ammirati
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