Da qualche settimana a Roma si è conclusa la rassegna “Le Vie del Cinema Da Cannes a Roma”. Tra i vari eventi sicuramente il più interessante è stato il dibattito “Presente e Futuro del Cinema Italiano d’Autore” che ha visto la partecipazione degli addetti ai lavori in campo cinematografico ed i protagonisti della kermesse francese quali: Paolo Sorrentino, Riccardo Munzi e Marco Tullio Giordana, rispettivamente registi de “Il Divo”, “Il resto della notte”, “Sangue pazzo” e Domenico Procacci, il lungimirante produttore di “Gomorra”.
Questi personaggi non hanno solo parlato dei successi che i film italiani, in particolare “Gomorra” ed “Il Divo” hanno avuto a Cannes, vincendo il premio della giuria, ma si sono anche confrontati riguardo la rinascita d’un nuovo linguaggio cinematografico, che resta legato alla tradizione del cinema realista italiano ma, nello stesso tempo, trova un modo nuovo, un punto di vista originale e moderno di raccontare l’Italia, tutti e quattro i film, infatti, affrontano tematiche legate alle questioni socio-politiche italiane con i suoi protagonisti passati e presenti.
Durante l’incontro si è discusso di quanto importanti siano i finanziamenti, sia quelli statali, che si spera possano dare più sostegno in seguito al ripristino della taxcredit, sia quelli privati, legati alla figura del produttore societario e indipendente, figura essenziale senza la quale non potrebbero esistere molti dei film che oggi vediamo. Finanziamenti necessari per produrre delle belle opere che ci facciano conoscere oltralpe, che mettano a tacere tutti coloro che dicono che il cinema italiano è morto o che, trasportati dai facili entusiasmi, si esaltano per i premi di Cannes ma poi rinnegano l’elogio, se ad altri festival i film italiani fanno solo capolino. Sostentamenti e finanziamenti che però a nulla servono se non si crea la giusta sinergia tra autori e produttori e se non ci sono leggi che incentivino o tutelino chi fa parte di questo mondo, affinché non soccomba sotto le leggi del mercato o dei sistemi oligopolistici.
Quello che questi esperti autori e produttori, a mio parere hanno voluto dire, è che il cinema italiano va sostenuto sempre e comunque a di là delle vittorie e delle sconfitte, perché è solo con la costanza, l’impegno ed il rischio di cimentarsi anche in film meno commerciali, che si riesce a costruire una salda tradizione cinematografica. Il cinema italiano non è solo commedia, Garrone e Sorrentino lo hanno dimostrato, mettendo in scena una Napoli che, se dalle cronache ci appare brutta, sporca e cattiva, in realtà, continua a partorire talenti e fare da sfondo a capolavori; dico questo perché Sorrentino è di origini napoletane così come Toni Servillo, attore di entrambi i film vincitori a Cannes e perché Gomorra è interamente ambientato a Casal di Principe, uno degli habitat della camorra. Questi film, a quanto pare, non sono piaciuti sola alla critica francese ma anche al pubblico italiano visto che fino ad oggi hanno incassato nelle sale più di 8 milioni di euro. Non siamo mica gli americani, come recita il titolo di una vecchia canzone di Vasco, ma dobbiamo far bene quello che sappiamo fare da italiani e se ci manca un cinema spettacolare fatto di esplosioni e mega effetti speciali questo non significa che non sappiamo fare cinema. Di quello critico-espressivo non possiamo non sentici padroni. Il nostro cinema è quindi ancora vivo, tanto da trasformare in fascinazione e farci appassionare anche le brutture del nostro Paese... e ditemi se questa non è arte o magia!
L’auspicio, alla fine di questo incontro, è che il cinema italiano abbia un grande futuro, che vi sia una presa di coscienza, sopratutto da parte dello Stato e dei politici, di quanto importante sia la cultura cinematografica, di quanto importante sia un educazione alla visone che non è fatta solo di Grandi Fratelli, ipnotizzatori di menti.
Marta Ronzone