«Il 2 giugno? È la festa della parata delle Forze Armate», «veramente in questo momento non ricordo…», «mi faccia pensare… il 2 giugno è la festa della liberazione…», «cosa accadde il 2 giugno 1946? Non saprei…» Queste sono alcune delle risposte che un giornalista ha raccolto chiedendo alle numerose persone ieri presenti a Roma alla Festa della Repubblica (era la Festa della Repubblica, sveliamo l’arcano) se sapessero cosa si stesse celebrando. Di quel referendum in cui i nostri genitori, nonni e bisnonni scelsero la forma di Stato da dare al loro Paese moltissimi italiani (chissà, forse la maggioranza) sanno poco o niente. Non che io ci prenda gusto ad affliggere coloro che, come, si ostinano ad amare l’Italia, ma devo aggiungere che parlando con studenti universitari spesso mi è capitato di ascoltare frasi come questa: «Garibaldi? Sì, ne ho sentito parlare, a scuola… qualche volta…» Non c’è affatto bisogno che la Lega si affanni a screditare il nostro Risorgimento, ci hanno già pensato tanti italiani da sé, con la loro indifferenza. Non c’è bisogno che si vada a parlar male dell’Eroe dei due mondi a chi ignora che egli sia mai esistito o cos’abbia fatto di storicamente importante. Ma c’è dell’altro. Non molto tempo fa, gli inviati d’una trasmissione televisiva («Le iene», se non ricordo male, ma potrei anche sbagliarmi) si misero con una telecamera ed un microfono, una domenica mattina, davanti una chiesa cattolica. Terminata la funzione, cominciarono a rivolgere ai praticanti (tali si definivano gli intervistati) domande come: «Chi sono i quattro Evangelisti?» e «Conosce i Dieci comandamenti? Può dirmeli in ordine?» Pochissimi diedero le risposte giuste, i più tirarono ad indovinare (a proposito: contrariamente a quanto pensano tanti praticanti, San Paolo, Apostolo delle genti, non era uno dei Dodici Apostoli). Notoriamente gli italiani sono un popolo che legge poco. Quel “poco” fa riferimento ad una media ponderata, il che significa che un numero straordinariamente elevato di italiani non legge affatto. Secondo alcune indagini statistiche recenti, nel nostro Paese, molti manager e dirigenti d’azienda, persone il cui grado d’istruzione si ritiene sia medio-alto, non legge più di tre libri l’anno. Il dato più importante – vengo al punto – è emerso da un’altra indagine statistica: le nazioni in cui si legge di più, guarda caso, sono le stesse che hanno il più alto tasso di crescita economica. Non sono abituato a prendere numeri e tabelle come fossero oracoli, ma forse è il caso di chiedersi se un Pil così basso come il nostro non sia dovuto anche ad un certa indolenza intellettuale. E, dal momento che si parla tutti i santi giorni di riforma della scuola, sarebbe forse anche opportuno domandarsi se questa scarsa propensione alla lettura non possa essere combattuta con altri metodi e programmi didattici. Magari gioverebbe alla nostra economia ed aiuterebbe – hai visto mai! - a creare qualche posto di lavoro. Nell’ultima campagna elettorale Ferrara ruppe gli schemi, si parlava sempre dei “soliti” temi, così il direttore del Foglio, ad un certo punto, pose un tema “insolito”: sai che c’è, disse, parliamo d’interruzione volontaria della gravidanza. Allo stesso modo, è auspicabile che oggi qualcuno costringa le varie forze politiche ad includere un altro tema insolito nel dibattito di tutti i giorni. Sarebbe bello se uno dicesse: sai che c’è, parliamo di come favorire la crescita economica leggendo di più.
Mauro Ammirati
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