Dunque, l’abbiamo sfangata, l’Italia riesce ad accedere ai quarti di finale del Campionato europeo, sconfiggendo per 2-0 nei novanta minuti regolamentari i cugini d’Oltralpe – non accadeva dal 1978, Mundial argentino, ero un bambino ma già avvezzo a patire per la nostra Nazionale di calcio (in Italia l’amore per il colore azzurro lo succhi con il latte materno). Grazie anche alla lealtà ed alla professionalità della rappresentativa olandese (gli Oranges potevano disinteressarsi alla partita con la Romania e, come suol dirsi, “tirare il piede indietro” nei contrasti, lasciando vincere l’avversario, ma hanno fatto esemplarmente il loro dovere), ora ci apprestiamo ad affrontare la fortissima Spagna, dopo aver ritrovato entusiasmo ed orgoglio. Tutto bene, siamo felicissimi. Anzi, no. Una cosa ci sarebbe da dire, nella consapevolezza che a molti miei connazionali non farà affatto piacere (forse qualcuno mi manderà anche a quel paese). Perché, ecco, abbiamo ottenuto un risultato importante e, per come eravamo messi, quasi miracoloso, ma ora… Ora sarebbe bene farla finita, una volta per tutte, con questa rivalità con i francesi. Nei giorni immediatamente precedenti l’inizio degli Europei ho sentito troppi parenti, amici e conoscenti dire: «Sono disposto a scambiare la qualificazione con una vittoria con la Francia.» No, cari compatrioti, così non va bene. Questa rivalità non fa onore a noi né a loro. Come disse, tempo fa, l’allora Presidente francese Chirac: «Italia e Francia sono sorelle latine.» Può capitare tra parenti stretti che vi siano incomprensioni, momenti difficili, litigi… ma l’antagonismo aspro, l’avversione e l’antipatia sono un’altra cosa. Personalmente non riesco a provare acredine per la “sorella latina”, perché essere latini è bello ed a Parigi come a Roma un latino – fosse pure sudamericano - si sente a casa sua. D’accordo, sui vini, la moda e la cucina ci pestiamo i piedi, ma può succedere solo – appunto – a noi latini, cioè a gente che ha i gusti raffinati, ama le frivolezze che allietano la vita e la buona tavola. Dicono che, in realtà, a mettere zizzania nella nostra parentela sia stato il ct francese Domenech. Ma via, siamo seri. Se basta qualche frase pronunciata da un allenatore per suscitare antipatia per un intero popolo, cosa dovremmo fare con la Germania, nella quale viene mandato in onda, in queste settimane, uno spot televisivo pubblicitario in cui l’italiano viene rappresentato come truffatore, inaffidabile e, sotto sotto, anche mafioso? Dovremmo forse consegnare al governo di Berlino la dichiarazione di guerra? Quanto alla grandeur, di cui i transalpini sono imbevuti e che irrita un po’ noi italiani, direi che, tutto sommato, è un peccatuccio veniale, nessuno è perfetto. Per i francesi, in fondo, è un modo come un altro di dimostrare che hanno rispetto di se stessi e, soprattutto, della loro storia. Una caratteristica che, però, non impedisce loro di rispettare le patrie altrui. Pochi mesi dopo che li avevamo sconfitti in finale all’ultimo mondiale, con tutte le polemiche che erano seguite alla testata di Zidane a Materazzi, i francesi ci accolsero a Parigi con molta civiltà. Noi ricambiammo nell’incontro successivo, a Milano, fischiando la Marsigliese. Vorrei soltanto che fatti così esecrabili non avessero più a succedere. Perché è bello sapere di appartenere al popolo di Dante, Petrarca e Manzoni. Ma è giusto anche inorgoglirsi di essere latini.
Mauro Ammirati
mercoledì 18 giugno 2008
Ma ora basta con questa rivalità
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