Probabilmente, non era mai accaduto che le elezioni comunali a Londra suscitassero tanto clamore, per quanto detta metropoli sia importante, sotto ogni aspetto. I conservatori vincono a mani basse il voto amministrativo in Inghilterra e Galles, compresa la capitale del Regno Unito. E così come il 14 aprile in tutta Italia e, sorprendentemente due settimane dopo, nell’elezione del Sindaco di Roma, anche Oltremanica a determinare l’esito della consultazione sono stati due argomenti: immigrazione e tutela dell’ordine pubblico. La sinistra italiana, sconsolata, sospira: in Europa soffia un vento di destra. E sbaglia. In primo luogo, perché non è vero, dato che Zapatero ha vinto le elezioni politiche spagnole solo qualche settimana fa. In secondo luogo, perché il fatalismo mal si concilia con la politica. Sarebbe opportuno, invece, fare una semplice (si fa per dire) comparazione, tra la vittoria del Pdl e di Alemanno in Italia e quella dei tory di qualche giorno fa. Infatti, al contrario di quanto può dirsi del nostro Paese, l’Inghilterra il melting-pot non lo sta scoprendo oggi. È un ex potenza coloniale, pertanto da molto tempo abituata alla pacifica convivenza interetnica, interrazziale ed interconfessionale. L’immigrazione può forse far paura a noi italiani, non ad un popolo che con il “crogiolo” ha una certa dimestichezza. Non credo, inoltre, sia inopportuno ricordare che poco più d’anno fa, in tutta Europa vedemmo delle immagini televisive che riprendevano l’allora ministro dell’Interno francese, Nicolas Sarkozy, nel mezzo della banlieu parigina in fiamme, che volgeva lo sguardo verso l’alto gridando ad alcuni immigrati affacciati alla finestra: «Ne avete abbastanza di questa feccia?» Di lì a poco tempo, Sarkozy, figlio di padre ungherese e con un nonno greco di religione ebraica, divenne Presidente della Repubblica francese, anche lui promettendo, in campagna elettorale, law and order. Anche qui parliamo d’un Paese che, per storia e tradizione culturale, come l’Inghilterra, ha forti anticorpi contro la xenofobia. Dunque, cosa si deduce da tutti i fatti summenzionati? Che non è l’immigrazione in sé il problema, ma lo spaventoso incremento dei reati che ne è conseguito, insieme alla diffusione sempre maggiore del senso d’insicurezza. E cioè, per essere ancora più chiari, che tutti i modelli d’integrazione sono falliti o, comunque, che sono, allo stato attuale, messi a dura prova. Perché se immigrazione e delinquenza sono diventati (ed innegabilmente sono diventati) grandezze direttamente proporzionali, è segno che i modelli sperimentati finora non tengono più. Le soluzioni adottate negli ultimi decenni in materia d’integrazione degli immigrati nel Nord Europa hanno indubbiamente portato ottimi risultati, ma ora sembra che mostrino la corda. Ora, mi permetto di riportare la testimonianza di un sacerdote del Congo, con cui ebbi a parlare tempo fa. Sfregò il piede sul terreno e mi disse: «Nel mio Paese basta fare così e trovi i diamanti.» Eppure era in Italia per raccogliere fondi per i bambini denutriti della sua parrocchia. Vado sempre più persuadendomi che diverse centinaia di milioni di africani ed asiatici, piuttosto che essere accolte in Occidente, preferirebbe essere liberate in casa propria da regimi politici tirannici che s’impadroniscono delle ingenti risorse naturali ed affamando i loro stessi popoli. Più che nuovi modelli d’integrazione, occorre una nuova politica estera per il Terzo Mondo, che parta da quel principio che uomini saggi scrissero su un importante documento nel 1776, secondo il quale tra i diritti inalienabili dell’uomo ce ne sono tre che nessuna autorità dovrà mai conculcare: Life, Liberty and Pursuing of Happiness.
Mauro Ammirati
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