Quella della cosiddetta “badante” è la figura centrale del nuovo welfare state italiano. In un Paese come il nostro, che – statistiche alla mano – invecchia spaventosamente, le risorse da destinare all’assistenza sociale con gli anni non possono che aumentare ed il rischio che un giorno non siano più sufficienti per garantire una vita dignitosa ad un numero ragguardevole di cittadini, soprattutto agli anziani, è tutt’altro che remoto. Quelle centinaia di migliaia di donne provenienti dall’Europa dell’Est e – numericamente molto meno – dall’Africa e che si prendono cura dei nostri ultrassettantenni oggi svolgono un ruolo insostituibile nel tessuto sociale italiano. Come giustamente è stato fatto osservare da diversi studiosi della materia, in Italia, negli ultimi anni, è stato impiantato un welfare state “fai da te”, fondato su due pilastri: i giovani rinunciano a sposarsi (o si sposano oltre i 35 anni) restando a vivere con i proprio genitori, mentre alla vecchia generazione provvedono, appunto, le badanti o collaboratrici familiari. Normale che il neoministro dell’Interno, Roberto Maroni, abbia dichiarato che proprio queste ultime saranno escluse dalle nuove restrizioni che ci si appresta ad apportare alla legislazione sull’immigrazione. Qualora tutte le badanti tornassero (o venissero rimandate) a casa, per un milione circa di famiglie italiane sarebbe un dramma. Ed è altrettanto vero che diversi settori della nostra economia dovendo fare a meno della manodopera di immigrati avrebbero seri problemi sul piano della competitività, qualche azienda addirittura abbasserebbe, come suol dirsi, la “serranda”. Aggiungiamo che, dal punto demografico, gli immigrati sono molto più prolifici degli italiani, il che è rassicurante per i conti del nostro sistema previdenziale, il quale non reggerebbe a lungo in presenza di forti squilibri nel rapporto tra lavoratori attivi e pensionati. Per farla breve, siamo tutti abbastanza assennati per comprendere che il nostro Paese di immigrati ha bisogno eccome. Se certe distinzioni le fa perfino un leghista d’origine controllata come Maroni, qualcosa significherà. Il problema è che una risorsa, quantunque necessaria, se non è bene utilizzata può diventare un problema. La questione italiana del momento è tutta qui: l’immigrazione rischia di andare fuori controllo, per troppi anni il fenomeno non è stato tenuto dalla classe politica nella debita considerazione, così da risorsa è diventato un problema. Solo per menzionare un fatto, l’indulto – così adducono i suoi fautori - è stato una conseguenza dell’incremento della popolazione carceraria, che a sua volta è stato una conseguenza dei tanti reati commessi da immigrati. Ora, ciò che si sta cercando di fare è chiudere la stalla prima che scappino i buoi, intervenire prima che sia troppo tardi, cioè prima che si renda necessario un altro indulto, che un altro campo nomadi venga incendiato, che un’altra donna rom venga salvata miracolosamente da un linciaggio… Alcuni ministri spagnoli accusano il governo italiano di xenofobia, dimostrando di non avere compreso che l’unico modo efficace di prevenire la xenofobia è quello di disciplinare e regolamentare con un certo rigore l’utilizzo d’una risorsa che potenzialmente è sempre un problema.
Mauro Ammirati
Mauro Ammirati
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